DOPO LA GUERRA
Un semaforo italiano per far prevalere la ragione politica
di Franco D'Alfonso*
Ci sono pochi dubbi sul fatto che Milano stia subendo la crisi politica e sociale esplosa con la pandemia senza essere ancora riuscita a superare lo choc da fine improvvisa del modello dell’eccellenza e ad affrontare la necessità di doversene reinventare uno nuovo in grado di limitare le diseguaglianze sociali ed economiche che forse per la prima volta in maniera così profonda ed evidente si stanno manifestando anche nella nostra città.
La risposta della società civile milanese è stata come sempre molto pronta ed efficace nel coprire le evidenti mancanze di istituzioni non adatte a governare il cambiamento regressivo, mentre continua a latitare quella della politica “istituzionale”, che invece di interrogarsi e produrre nuove idee e proposte sembra inchiodata anche a Milano ad aspettare non si sa bene cosa, rigidamente nel rispetto dei vincoli burocratici dettati da leggi e regolamenti obsoleti e dannosi.
Nella convinzione che la sclerotizzazione delle rappresentanze politiche cittadine non corrisponda ad analoga situazione delle coscienze politiche cittadine, il civismo politico milanese prova allora a lanciare nel dibattito politico italiano un tema che, da “questione tedesca”, potrebbe assumere un rilievo di prospettiva politica europea, quella del “Semaforo” rosso-giallo-verde.
È il tema dell’alleanza (diventata maggioranza di governo in Germania) di una ampia area politico-civile che esprime le culture socialista-riformista, liberaldemocratica, ambientalista, cattolico-sociale e -in senso lato- dell’associazionismo di scopo impegnato nei diritti della qualità sociale e della qualità della vita, verso un programma di governo per obiettivi che affronti con visione del futuro un nuovo piano di sviluppo economico-industriale dopo la pandemia e un suo bilanciato equilibrio sia rispetto al tema dell’equità sociale sia rispetto al tema della sostenibilità ambientale.
Il tema nasce dall’Ampelkoalition (Coalizione Semaforo, per via del rosso dell’SPD, del verde degli Ambientalisti e del giallo dei Liberali, tutti insiemi capaci di una maggioranza del 57% al Bundestag tedesco) per avviare un cantiere di analisi e confronti in Italia partendo dall’evidenza che una simile maggioranza non c’è nell’attuale politica rappresentata in Parlamento. E partendo anche della consapevolezza che una futura maggioranza di questo genere deve avere due premesse:
- l’entrata in campo di soggetti oggi di carattere civico partecipativo(che già governano territori, che contano su storici cantieri di analisi attorno ai temi delle grandi transizioni, che dispongono di competenze professionali sia su temi tecnici sia sui temi della “democrazia partecipativa”) sia di soggetti che esprimono culture ambientaliste, oggi ancora divisi e minoritari;
- un lavoro massiccio e capillare nei territori per orientare una domanda sociale oggi debole perché il dibattito pubblico della politica riflette soprattutto ancora lo sguardo autoreferenziale del grosso della politica dei partiti che fa del “presentismo” (cioè con scarsissima propensione al futuro) la propria narrativa.
Il tema appare straordinario e al tempo stesso irto di difficoltà. Ma il primo avvio di discussione ha fatto esprimere soggetti che sono già in movimento pre-elettorale, cioè con radicamenti in tutta Italia (e con una prima rappresentanza parlamentare esistente) che potrebbero rapidamente integrare i propri sforzi nella direttrice indicata.
Non a caso il seminario organizzato da Alleanza Civica a Roma il 3 marzo è stato aperto da alcuni segnali significativi in senso europeistico, come quello della segretaria generale dei Verdi europei, la greca Vula Tsetsi e quello della europarlamentare dei Verdi tedeschi Alexandra Geese (espressione della coalizione di governo in Germania) molto stimolanti rispetto al metodo di lavoro che rivoluziona culture attendiste, iper-mediazionistiche, chiuse nella ormai non più sensata stagnazione progettuale causata dalla pandemia.
Due inquietanti scenari hanno mantenuto la loro presenza di stimolo (oltre alla crisi sanitaria perdurante e la crisi militare e geopolitica insorgente). L’incidenza nella società italiana di un dato altissimo di analfabetismo funzionale, di ostacolo alla formazione di una più ampia domanda sociale di progresso; e il dato crescente fino all’ultimo riscontro delle elezioni suppletive a Roma, con l’11% di votanti, dell’astensionismo.
Temi su cui tutti i soggetti del civismo italiano riflettono con coscienza di un ruolo “dal basso” per contribuire ad un contenimento essenziale per mantenere in Italia la vitalità delle prerogative costituzionali.
Lo stimolo e la provocazione comincia a contagiare ed interessare anche il mondo politico partitico, se è vero che pochi giorni dopo la nostra iniziativa il segretario del Pd Enrico Letta ha confidato ai giornalisti la necessità di presentarsi alle prossime elezioni con una coalizione “Semaforo” italiano, pur con tutte le differenze, difficoltà e ostacoli che si incontreranno.
Il movimento civico non si limiterà a dare un’idea, ma lavorerà sullo sviluppo di una proposta che resta difficile, che necessita impegno e competenza e non può essere perseguita attraverso scorciatoie e semplificazioni eccessive, confidando di essere raggiunti e superati dai tanti che giudicano oggi velleitari i nostri sforzi.
A Milano, è già successo tante volte. Sarà possibile ancora.
*Presidente Alleanza Civica del Nord
La manifestazione di Milano per l'Ucraina