Nonostante la sua novità, Alleanza Civica non è tuttavia senza radici. Seppure in un breve volger di mesi c'è stata infatti una lunga ed approfondita riflessione che si è svolta con l'iterazione tra importanti protagonisti della vita politica ed amministrativa nazionale ed in particolare del Nord-Ovest.
Di questa elaborazione riportiamo qui la documentazione accumulata nelle principali tappe di dibattito ed incontri assembleari:
Sede: Centro Eventi "Il Maggiore" Sala foyer del Teatro, Via al Torrente San Bernardino, 29 - Verbania
Organizzazione: Gruppo di Verbania, Associazioni Liste Civiche Liguria, Piemonte, Lombardia
Presidenza convegno: Francesco Battistini (cons. regionale Liguria), Elisabetta Strada (cons. regionale Lombardia), Mario Giaccone (cons. regionale Piemonte)
Gli interventi della giornata
H. 10 - Saluto Sindaco Verbania Silvia Marchionini
H. 10.15 – Relazione introduttiva – Franco D’Alfonso
H. 10.30 – 11.30 – Interventi nel dibattito: Piero Bassetti (Presidente Globus e Locus); Gabriele Albertini (già Sindaco di Milano ed eurodeputato); Serse Soverini (Deputato Area Civica); Bruno Tabacci (Deputato +Europa); Giorgio Gori (Sindaco di Bergamo); Federico Borgna (Sindaco di Cuneo); Alberto Valmaggia (Assessore regionale – lista Monviso); Giuliano Pisapia (già Sindaco di Milano e europarlamentare); Alessio Pascucci (Sindaco di Cerveteri e coordinatore Italia in Comune)
H. 11.45 – 13.30 Tavola Rotonda “COMPETITIVITA’ TERRITORIO”
Coordina: Francesco Tresso
Moderatore: Jacopo Tondelli (direttore de “Gli Stati Generali“)
Beppe Sala (Sindaco di Milano); Pietro Modiano (Presidente SEA e Carige); Sergio Chiamparino (Presidente Regione Piemonte); Luca Bianchi (Presidente ATM); Marco Bentivogli (Segretario Generale FIM CISL)
H. 14.30 – 16.00 Tavola Rotonda “LOGISTICA TRASPORTI MOBILITA’”
Coordina: Arcangelo Merella
Moderatore: Walter Galbiati (Inviato de La Repubblica)
Giorgio Goggi (Politecnico Milano); Gilberto Danesi (Amministratore Terminal Voltri Europa); Thomas Baumgartner (Presidente Fercam); Maurizio Maresca (Struttura missione MIT); Giampaolo Botta (Spediporto); Paolo Foietta (Direttore Tav)
H. 16.15 – 17.30 Tavola Rotonda “Caso Verbano – Cusio - Ossola”
Coordina: Giovanni Alba
Moderatore: Maria Grazia Varano (Giornalista TeleVCO Azzurra TV), Laura Sau (Assessore lista civica Verbania); Virginio Brivio (Sindaco di Lecco e Presidente Anci Lombardia); Aldo Reschigna (Vicepresidente Regione Piemonte); Antonello Ciotti (Presidente COREPLA, Cons. consorzio riciclaggio plastica); Lucia De Cesaris (CdA Arexpo già vicesindaco Milano)
Hanno assicurato presenza: Guido Pollice (Pres. VAS); Corrado Valsecchi (vice Sindaco Lecco); Carmine Pacente (cons. comunale Milano); Claudio Bonfanti (civici Bergamo); Emmanuel Conte (cons. comunale Milano); M. Luisa Melli (consigliere di Suzzara civica); Alberto Veronesi (cons comunale Milano); Sergio Meazzi (vicepresidente Municipio 6 Milano); Davide Mattiello (associazione Benvenuti in Italia); Elide Tisi (già vicesindaco Torino); Luca Marcora (Area Civica Mi); Marco Fumagalli (capogruppo Noi Milano); Oria Trifoglio (cons comunale civica Alessandria); Valentina Ghio (sindaco Sestri Levante); Giancarlo Caldone (sindaco Volpedo); Massimiliano Didò (Associazione Varese-Europa); Silvia Fossati (pres. Milano Civica); Luca Stanzione (Cgil trasporti).
Il Gruppo di Verbania
Il “gruppo di Verbania” è un gruppo informale formatosi all’interno del mondo delle liste ed associazioni civiche del Piemonte, della Lombardia e della Liguria, con lo scopo unico di organizzare un appuntamento di riflessione e confronto sulla realtà del territorio del Nord Ovest d’Italia. L’incontro si svolge a Verbania individuata come città simbolo per le tematiche principali: posta su una delle principali e storiche direttrici di collegamento fra le infrastrutture e le aree metropolitane del Nord, vive direttamente con intensità l’avere una forte identità locale unita all’essere fortemente integrata con l’area metropolitana lombarda, trovandosi amministrativamente nella Regione Piemonte e con un cordone ombelicale collegato al centro dell’Europa, sia economicamente, attraverso il turismo e la ricerca scientifica con i suoi congressi, sia fisicamente con la via del Sempione, sia infine storicamente come luogo di incontro di commerci, sapere e storie fin dai tempi dell’Impero Romano.
Hanno partecipato alla preparazione di questa giornata e quindi ad animare il gruppo di Verbania Felice Borgoglio (Alessandria), Lorenzo Forcieri (Spezia), Franco D’Alfonso (Milano), Emilio Genovesi (Milano), Francesco Tresso (Torino), Diego Castagno (Torino), Giovanni Alba (Verbania), Walter Andreazza (Varese) Francesco Battistini (Sarzana) Sergio Vicario (Milano), Mariano Cattrini (Domodossola).
Relazione introduttiva
Franco D'Alfonso - Consigliere comunale di "Noi Milano"
UN ORIZZONTE EUROPEO
Quando abbiamo deciso con gli amici del “Gruppo di Verbania” di dare al nostro incontro il titolo di “Passaggio a Nord Ovest” lo abbiamo fatto pensando ai territori che storicamente sono la via di collegamento ed il retroterra logistico per chiunque abbia un orizzonte europeo ed una volontà di non richiudersi nelle mura della propria città e del proprio presente, cercando rassicurazione e speranza in un futuro di movimento e non in un passato di statico rimpianto. Questa vocazione, questa storia e cultura di queste terre è ben rappresentata simbolicamente dalla manifestazione che più ha influenzato il dibattito politico ed economico recente, l’Expo di Milano, così come era avvenuto un secolo fa con Expo 1906. All’inizio del Novecento Expo Milano apriva l’era dei trafori celebrando l’impresa economica e sociale del Sempione; poco più di cento anni dopo l’Expo ambrosiana ha potuto fregiarsi di quasi tutti i record pensabili e rilanciare uno spirito di grande internazionalismo e comprensione fra popoli diversi anche perché si è svolta al centro di una delle aree economicamente più avanzate ma soprattutto meglio collegate del mondo, come effetto straordinariamente positivo delle scelte infrastrutturali del passato. Il sito stesso dell’esposizione è stato uno dei punti di forza della manifestazione proprio grazie ai collegamenti Tav e metropolitani che hanno reso nei fatti l’area che va da Torino e Genova alle città lombarde una unica grande area metropolitana all’interno della quale ci si muove con agio che ha sorpreso tutti e che adesso, con il progetto Arexpo – Mind, renderà possibile la nascita di uno dei più importanti centri di ricerca scientifica di questo secolo
TUTTA LA CAROVANA ALLA META
Da figli i una cultura anche cinematografica, il riferimento al film capolavoro di King Vidor non è casuale: il “Passaggio a Nord Ovest”, il cammino verso l’Europa di cui ci sentiamo parte e che vogliamo rilanciare anche in questa occasione, ha le caratteristiche di un viaggio ideale che si potrà dire compiuto quando tutta la carovana e non solo i carri di testa, saranno giunti alla meta. Nell’oggi che viviamo, però, manca il protagonista, lo Spencer Tracy che indichi la strada della ricerca del passaggio verso il territorio promesso ed i componenti della carovana sembrano non credere più nella possibilità e perfino nella bontà della missione affidata, gridano che è meglio tornare a casa e che è possibile ignorare l’esistenza di un oltre noi stessi, che difendere dagli invasori la propria casa è meglio che cercare nuovi orizzonti in terre che sono popolate da amici che tanto amici non sono o non si dimostrano tali. Quello che oggi manca – ed è la ragione fondamentale per la quale abbiamo iniziato questa ricerca – è una politica, una classe politica che si candidi a guidare questo cruciale passaggio della nostra storia. Le tradizioni politiche democratiche, quella liberale come quella socialista, stanno vivendo con sconcerto la disillusione di non essere affatto i protagonisti unici della politica europea e mondiale, come pensavano sarebbe avvenuto con la fine degli antagonisti del Novecento, il fascismo ed il comunismo, indulgendo così a pratiche di governo dirigiste e centraliste e trascurando tanto le articolazioni sociali, che sono tutt’altro che scomparse, tanto quelle territoriali. E’ quello che stiamo vivendo da alcuni anni in Italia, essendo paradossalmente per una volta in sintonia con i trend mondiali, dall’America di Trump alla Russia di Putin.
PROPOSTE PER IL TEMPO CHE VIVIAMO
Quando si è in una situazione di crisi politica come quella che stiamo vivendo è buona norma tornare ai fondamentali, ai principi-base di qualsiasi mestiere quale anche la politica è. Chi si candida a guidare il passaggio di questa area politica, che non è scomparsa ma non trova adeguata rappresentanza, deve ridiscutere, ritrovare ed esplicitare proprio gli elementi base di una proposta adeguata al tempo che viviamo: gli obiettivi espressi con chiarezza, gli strumenti per raggiungerli, il suo popolo di riferimento. Con la necessaria modestia, quello di cui discutiamo oggi è l’obiettivo politico che indichiamo in una Europa solidale, in linea con l’ esperienza della socialdemocrazia che, come ci ricorda il prof Cacciari, non ha affatto fallito ma, al contrario, costruendo il modello di welfare quale abbiamo conosciuto, ha realizzato i suoi obiettivi principali, costruendo un modello di società solido e coeso che ha permesso al sistema europeo di resistere anche nel crepuscolo protrattosi troppo a lungo. Ne sono dimostrazione le recenti elezioni della Baviera e della Svezia, laddove anche nella crisi profonda del partito di riferimento (i popolari in Baviera, i socialdemocratici in Svezia) l’urto delle forze antisistema è stato assorbito mantenendo la pregiudiziale verso i movimenti antidemocratici e con l’avvento di formazioni politiche nuove e fortemente critiche verso i partiti tradizionali, come i Verdi ed i Freie Waehler civici bavaresi, ma saldamente ancorate ai principi democratici e solidaristici. Continuità politico-culturale vuol dire infatti innanzitutto aggiornamento degli obiettivi e, soprattutto, innovazione senza abiure o conservatorismi senza tempo. Il nostro modello non è il liberismo anglosassone che ha spesso prevalso nelle stanze di Bruxelles né tantomeno le democrature russo-cinesi cui improvvidamente qualcuno dice di ispirarsi durante qualche viaggio “istituzionale” trasformato in scampagnata con gli amici del bar cui da troppo tempo molti esponenti politici della cosiddetta “Seconda Repubblica” ci hanno abituato.
UN MODELLO DI RIFERIMENTO
Il nostro modello non è, per intenderci, quello di un neostatalismo assistenzialista che pensa di risolvere i suoi problemi affidando alle Ferrovie di Stato l’Alitalia al modico prezzo per il bilancio pubblico di 2 miliardi di euro sull’unghia o che pianifica un reddito di cittadinanza che, gettato su una platea in gran parte incognita, quantomeno andrà a incrementare gli introiti di alcuni milioni di evasori fiscali e lavoratori in nero e finirà per dare la mazzata finale a quella parte di Sud che sta cercando di uscire, riuscendoci più spesso di quanto non si creda, dal sistema peronista e inefficiente che le classi dirigenti locali hanno perpetuato sotto ogni governo.
- Il nostro modello prevede una decisa scelta per la civiltà e la dignità del lavoro garantita tanto dagli investimenti infrastrutturali, di cui parleremo oggi, come da servizi per così dire “soft” all'altezza, credito all'impresa su progetti di innovazione, un nuovo welfare che guardi ai nuovi mestieri e ai giovani. Noi siamo d’accordo con i lavoratori del terzo valico che chiedono lavoro e non assistenza e lo siamo anche con il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi quando nella recente assemblea annuale ha presentato al sempre più dimesso ministro Tria proposte alternative ad ogni singolo punto della manovra del Governo, mettendo sul tavolo la disponibilità delle imprese a farsi carico di quella responsabilità sociale non limitata ai propri azionisti che in passato anche recente è spesso mancata.
- Il nostro modello è quello della collaborazione pubblico-privato, con il pubblico generalmente nella posizione della regia e del controllo, per assicurare equità e pari opportunità, comprendendo e conoscendo a fondo le diversità territoriali non per cristallizzarle, ma per affrontarle con strumenti diversi adeguati al problema. Il nostro modello prevede soluzioni che più che all’illuminismo primitivo di Rousseau si ispirino al pragmatismo dei municipalisti come Emilio Caldara, principale esponente come sindaco di Milano dell’unico riformismo che in Italia abbia raggiunto tutti gli obiettivi concreti che si era posto, il riformismo degli amministratori socialisti e cattolici delle città padane sia al tempo dell’Italia liberale che di quella repubblicana.
L'EUROPA FEDERALE DEI TERRITORI
Il messaggio politico che si vuole emerga è quello di una Europa federale che nasca dai territori e non dagli Stati. Si deve trattare di una proposta concreta che unisca le scelte simboliche e di “sogno politico” ( elezione diretta, governo-commissione espressione del Parlamento e non dei Governi, prospettiva di unità politica federale in tempi non lunghi) a precise scelte programmatiche sulle questioni e le opzioni che devono costituire l’Europa della città e dei territori alternativa a quella delle “troike” finanziarie: i due temi in discussione oggi, Logistica e Competitività dei territori, sono quelli che il “Gruppo di Verbania” ha individuato come prioritari. La sfida è “riaprire le strade dell’Impero Romano”, non chiudere confini fisici o virtuali: una recente ricerca dell’Università di Copenhagen guidata dal prof Dalgard ha stabilito infatti che«c’è maggiore attività economica in luoghi con maggiore densità di strade romane». C’è insomma una «persistenza» dell’investimento di duemila anni fa. «La persistenza negli investimenti infrastrutturali è una fonte potenziale di persistenza nello sviluppo comparativo», sostiene Dalgaard. E «la densità di strade romane si è rivelata essere un forte previsore dell’attività economica contemporanea». Logistica e trasporti sono il “core business” del Nord Ovest (“fa più il Freccia Rossa che una riforma enti locali” – cito Piero Bassetti). In Lombardia c’è il 25% del settore, nel Nord Ovest arriviamo vicini al 40% italiano. Il peso del settore logistica sul Pil italiano è il 13 % in crescita. Non più solo commercio: Europa è una gigantesca fabbrica policentrica ed i magazzini sono stati sostituiti dal real time su gomma e ferro. Tav, Terzo valico, infrastrutture ferroviarie e viabilistiche, reti di telecomunicazione a banda larga e ultralarga sono l’apparato circolatorio, mentre merci, persone e informazioni sono il sangue della società post capitalistica. Occuparsi dei collegamenti di Vado Ligure, Genova, Chiomonte, Rivalta, Domodossola è come verificare lo stato di salute delle nostre arterie. Se si chiudono, moriremo, morirà la nostra civiltà: DOBBIAMO DIRLO CON CHIAREZZA.
LA QUALITA' AMBIENTALE
L’altro corno della nostra politica è l’ambiente. Non solo tutela della salute, ma competitività ed attrattività derivante da possibilità di lavoro e produzione, qualità della vita dipendono dalla situazione del territorio. Curare ambiente e città nell’era post industriale è assolutamente decisivo, a Genova come a Taranto, ma anche Dusseldorf o Lille. Per questo i sindaci sono in prima linea. L’area metropolitana con funzione di perno è l’asset fondamentale di sviluppo del Nord Ovest ed è la locomotiva – unica – in grado di tenere agganciato il treno italiano all’Europa. Se Milano non può fare a meno del suo “contado” che oggi ha una dimensione sovraregionale, l’Italia intera senza il brand, la reputation, la spinta, il lavoro di Milano si fermerà sui contrafforti delle Alpi. Ad aspettare l’arrivo di un Annibale? La caduta del pendolo sul sindaco di Genova come commissario per il ponte e il decollo/azzardo della candidatura olimpica lombardo/veneto in autonomia politica, gestionale e finanziaria, sono due segnali che vanno nella direzione di un difficile, non privo di contraddizioni ma inevitabile passaggio dalla rivendicazione di una autonomia “ottriata” alla pratica di una autonomia di totale responsabilità da parte della comunità del Nord Italia. E’ ormai opinione comune che sia necessaria la nascita di un nuovo schieramento che si muova in netta discontinuità sia con lo schema del partito a vocazione maggioritaria, sulla cui estinzione nessuno ha dubbi, sia con quello che vede una forza principale attorno alla quale si collezionano liste civiche o maggiormente caratterizzate in senso identitario. E questa notazione vale, non tanto casualmente, per entrambi gli schieramenti del bipartitismo di fatto della Seconda Repubblica, entrambi sconfitti e definitivamente archiviati dal voto del 4 marzo.
OLTRE IL MODELLO DI PARTITO
Il contributo più importante che la galassia di liste ed amministratori civici deve portare è relativo alla proposta politica. La nostra ambizione è quella di proporre una politica all’intero centrosinistra ed al contempo favorire l’ingresso e la militanza di un nuovo personale che non passa e non vuole passare più dal canale del partito. L’esperienza di Milano, di Brescia e di molte realtà minori del Nord Ovest e, di recente, in negativo quello del Trentino, dimostrano che già oggi questo schema è l’unico in grado di competere sia con il vecchio centrodestra che con l’alleanza populista. Per farlo, per essere competitivi, bisogna pensare a qualcosa che prescinda dall’esercizio del dovere civico della partecipazione attiva da parte di tutti i cittadini. Se i partiti e le forme tradizionali della politica non attraggono più, non può dirsi lo stesso di attività e settori altrettanto importanti per la formazione di una coscienza civile di un popolo: il grande mondo del volontariato, mai così vivo, attivo e numeroso; lo sviluppo a crescita esponenziale di iniziative culturali e di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del territorio; le attività di accoglienza turistica e sociale, che vedono un numero sempre maggiore di addetti di settore, ma soprattutto un crescente coinvolgimento delle comunità, che si fanno ad un tempo custodi e promotori del patrimonio ultramillennario che costituisce la vera base e l’essenza stessa del cosiddetto “made in Italy”.
A VALLE DI UN REFERENDUM
Non possiamo iniziare i lavori di questa giornata a Verbania senza ricordare come una settimana fa si sia svolto un referendum per il passaggio dal Piemonte alla Lombardia del Verbano Cusio Ossola, referendum che come è noto non ha raggiunto il quorum richiesto. Senza entrare nella valutazione specifica dell’oggetto (in concreto una variazione più amministrativa che istituzionale) non possiamo non valutare come il referendum abbia tratto ragion d’essere nella forte volontà di partecipazione e protagonismo del territorio. Se un diverso posizionamento all’interno di un assetto istituzionale regionale che è in sé largamente discutibile non poteva essere risolutivo e forse sarebbe stato addirittura fonte di ulteriori problemi, gli oltre trentamila votanti sono un segnale di un malessere e comunque dell’esistenza di problemi di identità e di missione di questo territorio che devono essere affrontati : nella tavola rotonda di questo pomeriggio parleremo certamente anche di questo, magari parafrasando nuovamente Piero Bassetti e scoprendo che “farebbe più il passante trenord che un cambio di indirizzo dell’assessorato ai trasporti..”. Alcune conseguenze di questo ragionamento.
- Gli enti locali possono e debbono essere il motore di questo rinnovamento. I sindaci e gli amministratori locali sono parte della classe dirigente del territorio, sono riconosciuti come tali da cittadini e dalle altre istituzione, rappresentano ad un tempo l’autorità e l’identità, la delega e la condivisione.
- Perché sono vicini alla gente, cioè ai cittadini e perché possono chiedere ai propri cittadini, su base volontaria, un impegno a favore della comunità e a vantaggio del territorio. E possono promuovere con semplicità e trasparenza azioni innovative e concrete immediatamente visibili e concretizzabili. Per esempio valorizzando quell’enorme asset costituito da professionalità in attesa di essere valorizzate, per così dire, messe a reddito: parlo di un volontariato civico messo a disposizione della comunità e del territorio. Un impegno civile organizzato e gestito dagli enti locali per lo sviluppo e la gestione di progetti precisi. Un impegno non per discutere di ideologie ma per realizzare delle cose e controllarne il funzionamento.
- Questo si chiama partecipazione ed ha almeno due valenze, una politica in quanto coinvolge i cittadini dalla base e li fa partecipi, di fatto, della gestione della res pubblica e l’altra perché libera una ricchezza poco utilizzata e molto presente sui nostri territori.
Sede: Verbania
Organizzazione: Coordinamento Liste Civiche Nord-Ovest
Presidenza convegno: Franco D'Alfonso
ACN - Alleanza Civica del Nord
Documento politico di sintesi
La crisi della democrazia rappresentativa, che riguarda tutto il mondo occidentale, a partire dalla Nazione-guida, gli USA, ha molto a che fare con la crisi degli Stati Nazionali che stanno diventando sempre di più inefficienti e inefficaci nel gestire questioni epocali come gli effetti della globalizzazione dell’economia o le conseguenze dei cambiamenti climatici e le diverse emergenze ambientali sia locali, sia sovranazionali.
Tale crisi può essere superata solo riconducendo le articolate sovrastrutture istituzionali ad avere una propria mission di governo di una comunità che si riconosce come tale per comunanza di interessi, funzioni e cultura e non per sistemazione sulla cartina geografica.
EUROPEISTI, EUROSOVRANISTI
Di conseguenza qualsiasi proposta politica civica che abbia l’ambizione di darsi una prospettiva oltre il tradizionale perimetro municipale, va ancorata alla scelta irreversibile dell’Europa come teatro politico principale e l’obiettivo costitutivo di una Unione Europea politica basata su città e territori senza la mediazione degli Stati nazionali attuali.
La centralità del tema del riassetto delle istituzioni (meglio: della nascita di nuove istituzioni) nello schema Europa Federale – Macroregione – Città Metropolitana -Territori e Comuni rappresenta una scelta molto chiara e discriminante, che è totalmente politica. Pur non mancando certo modelli e riferimenti culturali molto solidi e strutturati (lo schema delle Macroregioni è quello di Gianfranco Miglio, il federalismo europeo si richiama direttamente al Manifesto di Ventotene, il ruolo delle aree urbane ed il loro rapporto con il “contado” è l’evoluzione degli studi di Carlo Cattaneo), la questione politica che poniamo, attingendo all’innovativa sintesi che di quei riferimenti ne fa Piero Bassetti, attraverso il tema delle Macroregioni, è la necessità di avere istituzioni adeguate alle funzioni locali e globali del terzo Millennio, dando vita a reti e a un nuovo urbanesimo, che permetteranno la ricomposizione di comunità in grado di conoscere e scegliere, sulla base dei propri bisogni e dei propri interessi, i propri rappresentanti.
L’inefficacia dell’attuale sistema politico-istituzionale è irreversibile. Occorre costruire un nuovo sistema politico-istituzionale, a partire da una rivisitazione della seconda parte della Carta Costituzionale, che non può che partire dagli interessi dei territori che trovano ricomposizione in un ambito più alto che è quello europeo. 16
Su questo nuovo asse politico-istituzionale, l’area “progressista” europea può recuperare posizioni e ha l’occasione per completare l’opera di rigenerazione della socialdemocrazia in una visione di “green economy” rivolgendosi alle giovani generazioni, sull’esempio dei Verdi in Germania, dove sono già il partito maggioritario per gli under 21.
Questo processo si è avviato nei Paesi del Nord e del Centro Europa, sia attraverso un cambio vincente di agenda dei partiti laburisti, come in Olanda e Scandinavia, sia con l’affermazione di nuove formazioni, come in Francia e Inghilterra.
Le “Macroregioni” italiane, cinque nello schema di Miglio ripensato per funzioni da Bassetti, si caratterizzano per una coesione e comunanza di interessi tale da poter rendere possibile l’ambizioso obiettivo di un proprio orizzonte geopolitico che assegni alle diverse realtà un ruolo armonico nel sistema europeo.
In particolare è evidente per il Nord Italia l’obiettivo di “restare in Europa”, in maniera non formale, sviluppando il ruolo di “nodo” fondamentale dei sistemi europei principali (produzione, logistica, innovazione) nei confronti dei territori del Sud Europa e dei Paesi del Mediterraneo, facendo perno sull’area urbana che va da Torino a Trieste e in stretto collegamento con Genova e Bologna, riproponendo la parte meno evidente e celebrata del “modello Expo” e delle Olimpiadi invernali 2016, con Milano nel ruolo di attrattore, acceleratore e propulsore di iniziative di interesse per l’intero territorio nazionale, con ricadute positive nelle stesse proporzioni e dimensioni.
La Macroregione del Sud è perfino più attrezzata dal punto di vista storico e culturale per sviluppare la propria “mission” speculare nei confronti del mondo del futuro, del Mediterraneo e più in generale dell’Africa in esplosione demografica e di sviluppo produttivo (tutti i Paesi del Continente africano crescono con tassi di incremento che in Europa non si vedono dagli anni ’60).
IL NOSTRO PROGETTO È QUELLO DI ALLEANZA CIVICA PER ...
Si parte dal Nord, nostro core business e sul quale si stringono i bulloni organizzativi, ma il brand “portante” è quello di Alleanza Civica, un civismo federalista, pragmatico.
Alleanza Civica, infatti, ha tra i suoi obiettivi prioritari quello di intensificare nei limiti delle proprie forze e dimensioni, i contatti già in essere con i gruppi politici di ispirazione autonomista e federalista (in particolare con “Italia Mediterranea” e diversi altri in Campania) allo scopo di contribuire allo sviluppo di una politica civica, federalista ed europeista.
La scelta è di avere come bussola comune il tema dell’Autonomia, declinato come competenza e semplificazione, sia come “tattica” (faglia del Nord) sia come “strategia” (strumento di coinvolgimento e caratterizzazione politica ed elettorale).
In quel quadro, ai diversi livelli istituzionali, andranno affrontate le priorità programmatiche (ambiente, lavoro, education, infrastrutture e mobilità, innovazione, partecipazione).
Il tempo degli schieramenti che esprimono candidati e programmi è finito. Si parte dalle “issue”.
Si parte dal contenuto e non dal contenitore e non si parte con un leader, che emergerà per adesione o cooptazione, non necessariamente tra le file dei civici della “prima ora”.
Essere protagonisti ed attori in questo spazio politico richiede quindi un salto di qualità dell’azione politica per dare vita ad un soggetto autonomo e diverso, caratterizzato politicamente per proprie idee forti e “radicali”, radicato nel territorio: cioè nel Nord, nei temi dell’autonomie federale, dello sviluppo e del rispetto della “morale civica”, intesa come assunzione di responsabilità e non come semplice rivendicazione di diritti. Tornare ad un sano senso del dovere è la condizione necessaria per costruire responsabilmente un domani migliore.
Il metodo è quello dell’aggregazione sul “programma”, per muoversi in un sistema proporzionale che media dopo e non prima delle elezioni.
In questa ipotesi si lavora soprattutto sull’area dell’astensione, ormai veleggiante verso il 50%, per “rimotivarla” al voto su temi puntuali e pragmatici di interesse facendo propri i contenuti e non "mediandoli” con i propri.
In questo voto di astensione spazio particolare – difficile, difficilissimo – è quello del voto giovanile, che in Europa si è mobilitato politicamente nei Verdi ed in altre formazioni in ragione di una agenda nuova ed innovativa.
AUTONOMIA COME POLITICA
Della triade identitaria proposta (Europeisti, autonomisti, ambientalisti) è sempre più evidente che Europa e funzioni nei territori è l’endiadi al tempo stesso massimamente “identificativa” e caratterizzante.
Confermando che la nostra ipotesi è quella di soggetto autonomo che si caratterizza sui contenuti e territorio e partecipa con propria identità politica definita, portatrice di un “pezzo” di progetto politico più ampio e non come mero “mosaico” di gruppi dirigenti locali scollegati politicamente fra loro, la nostra identità parte da “Alleanza” (vale a dire rapporto tra varie liste e soggetti) ma deve tendere a evolversi in un soggetto unitario, come raggruppamento di “Europeisti”.
Il primo contenuto di definizione di identità è infatti il riconoscimento dell’ambito europeo politico, istituzionale, sociale come “il luogo” della politica. Il livello “nazionale” è per noi solo strumentale nei momenti elettorali. Per le elezioni nazionali l’elemento di maggiore importanza è infatti la presenza dei collegi uninominali territoriali come rappresentanza diretta del territorio e non di una lista. Tra i nostri obiettivi c’è la richiesta di cambio del sistema elettorale per rompere il legame diretto e automatico con la lista proporzionale. Senza impiccarsi a modelli (peraltro esistenti e funzionanti: doppio voto alla tedesca, uninominale almeno per il Senato etc). Per ACN resta un elemento fondamentale della democrazia il diritto degli elettori di un determinato territorio a scegliersi i propri rappresentanti in maniera chiara e diretta e non su liste più o meno bloccate e comunque decise in sedi ristrette e centrali. Il principio per noi irrinunciabile resta quello della partecipazione diretta e civica e del rapporto tra eletto ed elettori sottoponibile a verifica.
Il protagonismo di ACN deve esprimersi in prima persona alle elezioni amministrative più significative con progetti civici propri: Emilia ottobre 2019, Liguria 2020, Torino e Milano 2021, oltre a seguire con attenzione e partecipazione i progetti civici di altre parti d’italia e, in particolare, di quelli che nel 2020 interesseranno Puglia, Campania e Calabria.
Il nostro tema politico generale e principale è quello dell’Autonomia territoriale, da declinarsi nei suoi effetti immediati e concreti (fiscalità diretta, semplificazione rapporto cittadino/istituzione, efficienza P.A., responsabilità e doveri).
In questo senso la richiesta di Autonomia differenziata, in discussione in queste settimane e oggetto di forte fibrillazione nella compagine governativa, per come è stata forzata politicamente dalla Lega, rischia di innestare una inutile querelle sulle risorse. Inoltre, se tutte le Regioni chiedono le competenze su tutte le materie, si finisce solo con un nuovo e più forte centralismo regionale, che non tiene conto delle domande di autonomia dei territori, a partire dai Comuni, piccoli e grandi che siano. Una scelta anacronistica perché lo schema regionalista attuale è da superare, nella prospettiva delle macro regioni, come quello degli Stati nazionali.
Questo non significa certo ‘dimenticarsi’ degli altri aspetti fondativi del nostro impegno politico (dall’antifascismo all’accoglienza, dai diritti civili alla responsabilità). Ma è sui temi dell’autonomia, dell’innovazione che nasce dalle aree urbane, delle connessioni professionali ed economiche che si sviluppano nelle reti tra le città e i territori europei, che possiamo svolgere un ruolo politico originale contribuendo a far evolvere dai confini municipali il tradizionale impegno civico.
I progetti civici “identitari” ed anche organizzativi sono legati al rinnovo delle amministrazioni principali e sono caratterizzati da un gruppo “locale”. L’idea è che in quella dimensione si sia aggreganti e non aggregati, intorno a candidatura, lista ma, soprattutto, programma.
La prudenza che abbiamo mostrato finora è sacrosanta, non serve una scialuppa per solcare le onde, dobbiamo restare prudenti, ma consapevoli che solo l’audacia dell’innovazione potrà essere utile per il futuro.
“Nessun vento è amico di coloro che non sanno il porto verso il quale andare”. Lo sforzo di chiarificazione strategica rischia di essere velleitario, ma è l'unico possibile per dare un senso oltre la quotidianità.
Sede: Milano, EcoTeatro - Via Fezzan, 11
Organizzazione: Coordinamento Liste Civiche Nord-Ovest
Presidenza convegno: Elisabetta Strada (Consigliere Regionale Lombardia Civici Europeisti)
Il Governo Conte2 nasce con un merito indubbio, almeno per noi eurosovranisti: mantiene l’Italia in Europa. L’Unione Europea, pur con tutti i suoi limiti e interessi in conflitto, rimane la nostra stella polare, la cornice dentro cui collocare le politiche necessarie a governare i necessari cambiamenti istituzionali, economici e culturali.
Un’Italia a guida sovranista avrebbe comportato gravi rischi non solo economici.
Diverso è il giudizio sull’adeguatezza della squadra e del programma di governo, come strumenti per contrastare la destra a trazione salviniana e i rischi di una deriva antieuropeista. In particolare non sembra proprio che siano state fatte le scelte giuste per contrastare l’egemonia della Destra salviniana al Nord.
Più che dalle capacità del Conte2, dovremo dunque sperare che l’Unione europea, non dimentica della paura per il dilagare dell’euroscetticismo nei mesi precedenti le elezioni europee, sappia prendere decisioni lungimiranti sia sul versante della gestione degli immigrati, sia su quello dell’espansione economica, che non può essere affidata solo alle coraggiose politiche monetarie di Mario Draghi.
Ma il Conte 2 dovrà misurarsi con i risultati della fase politica che sarà caratterizzata dalle elezioni in sette regioni fino a maggio 2020.
A partire da quelle in Emilia Romagna e Liguria, assieme ad importanti elezioni comunali in numerose città del Nord Ovest, Alleanza Civica del Nord con il suo riformismo pragmatico dovrà dimostrare di saper svolgere un ruolo di proposta politica sui temi che il nuovo Governo rischia di non poter affrontare e che sul campo del centrosinistra sono destinati ad essere nuovamente trascurati: riforma istituzioni, autonomie, ruolo delle città, semplificazioni, modello collaborazione pubblico privato. Che sono poi le ragioni del successo del modello a Milano e della sconfitta in tutto il Nord.
Il fatto che in Umbria e non solo anche l’alleanza di Governo Pd - M5S stia tentando di riprodursi convergendo su una candidatura, se non su un programma civico, è una ulteriore prova che il sistema dei partiti tradizionali non è in difficoltà, è proprio arrivato a fine corsa. Confermando che la nostra ipotesi è quella di soggetto autonomo che si caratterizza sui contenuti e territorio e partecipa con propria identità politica definita, portatrice di un “pezzo” di progetto politico più ampio e non come mero “mosaico” di gruppi dirigenti locali scollegati politicamente fra loro, la nostra identità parte da “Alleanza” (vale a dire rapporto tra varie liste e soggetti) ma deve tendere a evolversi in un soggetto unitario, come raggruppamento di “Europeisti”.
Il primo contenuto di definizione di identità è infatti il riconoscimento dell’ambito europeo politico, istituzionale, sociale come “il luogo” della politica. Il livello “nazionale” è per noi solo strumentale nei momenti elettorali.
Sosteniamo la Rivoluzione copernicana del modo di fare politica:
Non sono gli schieramenti che scelgono candidati e programmi, gli schieramenti che si formano intorno a candidati e programmi. E i nostri candidati ed i nostri programmi sono prima di tutto Eurosovranisti ed Autonomisti, figli di quel civismo glocalista e federativo che rappresentiamo che ha ampiamente dimostrato di saper farsi carico in modo creativo e positivo della risoluzione di molti problemi delle comunità locali in cui siamo presenti.
Le parole che fanno da titolo alla giornata di oggi, Autonomia Semplificazione Competenza sono allo stesso tempo obiettivi e strumenti con cui analizzare i problemi e formulare proposte concrete anche nel breve periodo, a partire da questioni epocali come la salvaguardia dell’Ambiente. Il problema vero oggi è quello di saper declinare il tema dell’autonomia non più in termini di contrattazione territoriale più o meno campanilista e fra livelli gerarchici, ma indicare una strada per affrontare problemi che si collocano su di una scala diversa, la cui soluzione non passa più prevalentemente per le dimensioni territoriali, bensì per le funzioni.
Ragionare di infrastrutture, che siano Tav, strade o porti, significa cercare di governare un processo, un combinato di interesse, una, appunto, funzione che non ha confini segnati sulla cartina politica: per evitare la trappola del “not in my backyard” del conservatorismo che si maschera spesso dietro il civismo localista o il comitatismo da uscio di casa, il salto di qualità politico e culturale, difficile ma necessario, sarà sancito dalla capacità di garantire la rappresentanza ed il bilanciamento degli interessi territoriali nella dimensione della funzione, nel caso in esempio quella della mobilità di uomini e merci.
Governare per funzioni, necessita di una profonda ridefinizione degli attuali assetti istituzionali. La nostra proposta ha come orizzonte la riorganizzazione dello stato per macroregioni determinate dalle funzioni – l’esperienza della collaborazione transfrontaliera alpina ne è una fondamentale anticipazione - valorizzando nel mentre le autonomie a partire da quella dei Comuni. La nostra proposta è quella delle Macroregioni, cinque nello schema di Miglio ripensato e rivisitato per funzioni dal pensiero di Piero Bassetti, che si caratterizzano per una coesione e comunanza di interessi tale da poter rendere possibile l’ambizioso obiettivo di un proprio orizzonte geopolitico che assegni alle diverse realtà un ruolo armonico nel sistema europeo.
Chi sostiene che si tratta di proposte che dividerebbero il Paese, dimentica che l’Italia è già fortemente divisa economicamente, culturalmente e organizzativamente tra Nord e Sud. Lo stato centrale nei 160 anni dell’unità nazionale, anche nel momento in cui disponeva di una maggior capacità di controllo delle funzioni determinanti, non è riuscito a trovare soluzioni al problema. Dobbiamo dunque cercare altre strade, che non sono dietro l’angolo, ma che occorre perseguire con ostinazione e coraggio. La presenza oggi di tanti amici del Sud che autonomamente e forse non casualmente hanno iniziato ragionamenti ed intrapreso percorsi straordinariamente simili e convergenti con quelli del gruppo di Verbania è la dimostrazione che il prendere atto che la dimensione statuale centrale non è più funzionale nemmeno sul piano pratico è un atto politico profondamente unitario ed inclusivo: chi oggi è qui si pone l’ambizioso obiettivo di ricostruire un sistema politico e sociale che parte dagli interessi delle comunità locali per ritrovare una unità politica ed identitaria nell’Europa delle città e dei territori che auspichiamo prenda il posto dell’Europa degli Stati e della finanza.
- Competenza: non "professoronI" per tutti, ma ofelè fa il tò mestè. Prima di emettere grida, consultare chi ha esperienza diretta. E mandare a parlare con Mr. Ping qualcuno che sappia che la Cina è qualcosa di più complesso della vendita di cineserie per strada...
- Competenza ed Autonomia vuol dire (anche) lasciare che l’ente locale faccia meglio le cose che lo Stato fa male e, soprattutto, non fare male le stesse cose in due. Esempi infiniti: dalle misure urbane sul traffico che impiegano otto mesi per cartello o telecamera alla gestione delle cattedre scoperte per anni ai musei privi di personale e chiusi.
- Semplificazione deve essere un obiettivo anche nelle scelte politiche, ma basta ragionare per totem (flat tax, giù le tasse etc..) da contrapporre e scagliare contro l’avversario in un trionfo della pubblicità della nota marca di apparecchi acustici: “sento il suono, ma non capisco le parole”. Un esempio pratico applicato alla condivisibile scelta di intervenire sulla contribuzione a carico dipendenti. Bene, ma occorre farlo in modo radicale, puramente e semplicemente eliminandola. Sono circa 30 miliardi/anno, in realtà 15-20, se si assorbe il barocco meccanismo degli 80 euro e si calcola il gettito fiscale aggiuntivo. Meglio farlo in una volta sola, magari aspettando qualche mese, invece che inserire complicate costruzioni contabili che alla fine non danno nemmeno la percezione esatta dell’intervento al percettore finale.
Il menu degli interventi e delle proposte possibili è sterminato e certamente saranno necessari altri appuntamenti di approfondimento (primo fra tutti quello sulla economia green per il quale sono in distribuzione schede di partecipazione e lavoro) che la portata e la complessità in essere richiede.
Con lo spirito pragmatico che ci contraddistingue vogliamo comunque entrare nella "cronaca", nel dibattito sempre un po' fastidioso teso più a conquistare, ahimè riuscendoci, attenzione comunicativa più che confrontarsi fra proposte e lo facciamo portando tre indicazioni pratiche, certamente non risolutive delle rispettive problematiche, ma che a mio avviso possono avere un impatto immediato di inversione di tendenza e percezione negativa diffusa.
La prima riguarda la vaexata quaestio del “fisco amico”, una poco felice definizione che tende sempre a scambiare il diritto ad un rapporto corretto fra cittadini e pubblica amministrazione con quello di ...evadere in senso letterale.
Perché non mettere fine da subito all’anomalia tutta italiana dei controlli fiscali affidati ad un corpo di polizia militare quale la Guardia di Finanza? La disponibilità di dati, competenze etc rende anacronistico ed inutilmente vessatorio l’uso diffuso di una polizia per controlli che possono essere tranquillamente eseguiti e gestiti dai civili dell’agenzia delle entrate. Le funzioni di polizia finanziaria e giudiziaria resterebbero ovviamente affidate al corpo che, come per la Forestale, può essere integrato nell’Arma dei Carabinieri, aumentandone competenze e preparazione.
È già depositata in Parlamento italiano ed europeo la proposta di legge “Ero Straniero” corredata da quasi un milione di firme, si dia corso come Costituzione vorrebbe alla discussione parlamentare della stessa : in questo modo si salterebbero stucchevoli trattative interne al Governo, alla maggioranza o altre prima della discussione parlamentare, non sarebbe in discussione – come non dovrebbe essere in queste materie – la stabilità del Governo stesso. E si avrebbe una decisione chiara, sulla quale parlamentari e forze politiche presenti in Parlamento si dovrebbero pronunciare senza ricorsi a questioni di tattica e stabilità politica da giocarsi sulla pelle di quasi un milione di ragazzi e ragazze italiane per tutti tranne che per la legge.
La terza vuole essere invece una scelta di campo precisa nel cuore della crisi della democrazia occidentale dagli Usa alla nostra Italia arrivata pericolosamente al limite del collasso, quello della rappresentanza dei cittadini. Occorre ripristinare, come primo obiettivo immediato ed irrinunciabile, il diritto degli elettori di un determinato territorio a scegliersi i propri rappresentanti in maniera chiara e diretta e non su liste più o meno bloccate e comunque decise in sedi ristrette e centrali. Il principio per noi irrinunciabile resta quello della partecipazione diretta e civica e del rapporto tra eletto ed elettori sottoponibile a verifica.
L’elemento di maggiore importanza è infatti la presenza dei collegi uninominali territoriali come rappresentanza diretta del territorio e non di una lista. Tra i nostri obiettivi c’è la richiesta di cambio del sistema elettorale per rompere il legame diretto e automatico con la lista proporzionale. Senza impiccarsi a modelli (peraltro esistenti e funzionanti: doppio voto alla tedesca, uninominale almeno per il Senato etc).
Il nostro progetto è quello di Alleanza Civica
Si parte dal Nord, nostro core business e sul quale si stringono i bulloni organizzativi, ma il main brand “portante” è quello di Alleanza Civica, un civismo federalista, pragmatico. Alleanza Civica, infatti, intende intensificare nei limiti delle proprie forze e dimensioni, i contatti già in essere con i gruppi politici di ispirazione autonomista e federalista (in particolare con Italia Mediterranea, Umbria, Emilia Friuli Venezia Giulia) allo scopo di contribuire allo sviluppo di una politica civica, federalista ed europeista. La scelta è di avere come bussola comune il tema dell’Autonomia, declinato come competenza e semplificazione, sia come “tattica” (faglia del Nord) sia come “strategia” (strumento di coinvolgimento e caratterizzazione politica ed elettorale). In quel quadro, si affronteranno le priorità programmatiche ai diversi livelli istituzionali (ambiente, lavoro, education, infrastrutture e mobilità, innovazione, partecipazione). Il tempo degli schieramenti che esprimono candidati e programmi è finito. Si parte dalle “issue”. Si parte dal contenuto e non dal contenitore e non si parte con un leader, che emergerà per adesione o cooptazione, non necessariamente tra le file dei civici della “prima ora”.
Essere protagonisti ed attori in questo spazio politico richiede quindi un salto di qualità dell’azione politica per dare vita ad un soggetto autonomo e diverso, caratterizzato politicamente per proprie idee forti e “radicali”, radicato nel territorio: cioè nel Nord, nei temi dell’autonomie federale, dello sviluppo e del rispetto della “morale civica”, intesa come assunzione di responsabilità e non come semplice rivendicazione di diritti. Tornare ad un sano senso del dovere civico è la condizione necessaria per costruire responsabilmente un domani migliore.
Sede: Lecco, Sala Conferenze - Palazzo Falck (p.zza Garibaldi)
Organizzazione: Alleanza Civica del Nord e Appello per Lecco
Presidenza convegno: Franco D'Alfonso e Corrado Valsecchi
Nella Sala conferenze di Palazzo Falck, al centro di piazza Garibaldi di Lecco, l'Assemblea degli associati di Alleanza Civica del Nord ha aperto i lavori con la relazione del presidente Franco D'Alfonso, dopo la quale sono stati eletti i nuovi organismi dirigenti. Nella seconda parte dell'Assemblea aperta al pubblico, Piero Bassetti ha svolto un appassionato e suggestivo intervento di "visione" sul ruolo del Civismo nell'attuale momento di radicali trasformazioni ed innovazioni sociali alle quali, ha detto Bassetti, occorre guardare non con la mentalità della cronaca, ma con le categorie della Storia. E la Storia ci dice che oggi, per fare politica, più che un sistema di partiti occorre il coraggio di fare progetti innovativi e di portarli avanti con coerenza.
Ma è stato l'intervento di Beppe Sala a segnare, tra gli altri, l'incontro di oggi. Presente con un video-intervento in apertura del dibattito, il Sindaco di Milano ha sottolineato come, dopo tutto quello che è successo, "il Civismo è ancora questo: una rete di servizio per chi intende partecipare alla vita politica.
Beninteso - ha precisato Sala - ai partiti, e in particolare ai partiti vicini, bisogna sempre portare rispetto e lealtà. Cosa che facciamo ogni giorno. Ma vediamo che c'è una grande voglia di partecipazione. E ci sono spazi che non sono occupati. Sta alla nostra capacità occuparli, con lo spirito generoso e le competenze proprie del Civismo.
Conosciamo quindi la strada, anche se non sappiamo dov'è l'arrivo. Non si sa, ma potrebbe anche essere quello elettorale. E perciò bisogna essere pronti, costruire programmi, essere differenti. È quello che caratterizza il fare politica del Civismo. Dando per scontato che nessuno di noi si impegna pensando poi di agire in contesti diversi.Quello che io continuerò a fare - ha sottolineato Beppe Sala - sarà di portare testimonianza di come il Civismo, con un pensiero politico radicato, può essere contributivo.La realtà di Milano, ma anche di Bologna e di Bergamo, ha dimostrato questo. Allora perchè non allargare questa idea? Cioè - ha concluso il Sindaco Sala - il Civismo come presenza che nasce sempre territorialmente, ma che alla fine può trovare anche altri confini".Tra gli ospiti anche il videointervento di Claudio Signorile e Rinaldo Melucci sindaco di Taranto, in rappresentanza di Italia Mediterranea l'associazione che porta avanti il discorso del Civismo nelle regioni del Sud.Ha concluso la giornata un bell'intervento di Corrado Valsecchi in rappresentanza della Lista Appello per Lecco, che è già accreditato come candidato Sindaco dei Civici a Lecco "ma - ha precisato Valsecchi - non tutto è stato deciso ed io son pronto ad aspettare ancora i giorni che servono pur di evitare una contrapposizione di candidature nel campo progressista. Manterrò questa speranza fino all'ultimo secondo utile - ha concluso Valsecchi tra gli applausi di una sala gremitissima.
Il dibattito e il confronto per una nuova Alleanza Civica hanno avuto come principali protagonisti delle esperienze civiche più significative in Lombardia e sul territorio nazionale.
Qui di seguito la presentazione delle associazioni che sperimentano un civismo federativo:
- Il manifesto per l’Italia Mediterranea, concludeva affermando che il Movimento era incardinato nel primato dell’Europa riformata; nella costruzione del Mezzogiorno Federato; nella nuova riunificazione e coesione del Paese. Oggi va indicata nel civismo federativo la cifra identitaria e programmatica del Movimento. Questa più attenta definizione e chiarimento è resa necessaria da una sempre più rapida evoluzione della crisi politica ed istituzionale; dalle sue caratteristiche sistemiche; dalla sua irreversibilità. Il Movimento per l’Italia Mediterranea deve misurare le sue finalità ed i suoi obiettivi, collocandoli, nel complessivo processo di profondi cambiamenti che investono ilPaese, e rendono impossibile una lettura parziale ed autarchica dei problemi e delle possibili soluzioni.
L’Europa riformata è il nuovo soggetto politico euro Mediterraneo fondato su città e territori e con la mediazione leggera degli Stati nazionali. Il Mezzogiorno Federato è l’Italia Mediterranea come attore, insieme alle altre Macroregioni di un diverso sistema di governo delle pianificazioni e delle strategie. La nuova unificazione e coesione del Paese, è la ricostruzione di una Italia fondata sul civismo federativo, pragmatico, insieme con un assetto istituzionale adatto alle funzioni globali e locali del terzo millennio. Ma ciascuno di questi grandi temi di riforma, si intreccia con le vicende politiche ed istituzionali delle crisi in corso; con le scelte valoriali necessarie; con il conflitto degli interessi; con le trasformazioni dell’economia.
Il sistema politico italiano, che ha accompagnato e favorito la ricostruzione del Paese, fino a raggiungere il rango di grande potenza industriale; che ha reso stabile una democrazia che operava in un contesto strategico pericoloso e difficile; che ha gestito il patto sociale che ha dato legittimità alle istituzioni e ai rapporti di potere e rappresentanza; questo sistema politico è collassato con la fine delle condizioni che ne avevano garantito la stabilità.
Questo sistema politico era fondato sui partiti, dai quali passava la formazione del consenso, la sua trasformazione in rappresentanza e quindi in esercizio della governabilità e del potere. In Italia questi partiti erano fondati sulla politicizzazione di massa, capillare ed organizzata, e sull’intreccio fra identità ideologica ed interessi forti, conseguenti agli equilibri internazionali.
La crisi di legittimità e di rappresentanza dei partiti, ha creato le condizioni del collasso del sistema politico e conseguentemente il graduale dissolvimento di quel sistema di Istituzioni che dava complessivamente senso e stabilità alla democrazia. Così come tutto insieme si teneva, tutto insieme sta crollando. È stata miopia politica e fragilità culturale ritenere di poter proseguire in continuità, navigando a vista; non comprendendo l’entità delle trasformazioni che stanno avvenendo nel profondo, alle quali bisogna rispondere con adeguata tensione riformatrice.
Gli ultimi venti anni sono stati un continuo declino politico, morale, economico, culturale. Si sono dissolte le condizioni di tenuta della democrazia partecipata e consapevole, e si è diffuso un comune sentire, caratterizzato dal confuso intreccio sovranista e populista, i cui effetti sono devastanti. Non si ricostruisce con le macerie del vecchio; non si rianima il sistema politico, riproponendo i vecchi partiti; o pezzi di essi. Non si rifanno le istituzioni, frantumando lo Stato. Non si rivitalizza la democrazia esaltando le rete e i social. La missione di governo del civismo federativo è la ricomposizione delle comunità che si riconoscono per interessi, bisogni, funzioni, cultura. Il contenitore viene modellato dal contenuto; il territorio e l’uomo sono le risorse primarie da cui partire; l’identità è il percorso vitale nella storia. - La crisi del sistema politico passa attraverso il dissolvimento dei partiti e la riformulazione dei percorsi politici di formazione e gestione del consenso e della governabilità. Si sta rapidamente consumando l’esperienza dei M5S, incapaci di una visione strategica compatibile con le esigenze di un grande Paese industriale. Sarà messa rapidamente alla prova la capacità della Lega di combinare gli interessi che rappresenta con la necessaria visione nazionale di chi si candida alla guida del Paese.
La Sinistra politica, pur necessaria agli equilibri di una democrazia, non riesce ad essere una forte e credibile alternativa di sistema. In questo contesto di contraddizioni ed incertezze, abbiamo vissuto i preliminari di un simulacro di colpo di Stato, attraverso una improvvisa e devastante crisi di Governo; una violenta spinta verso le elezioni anticipate; il rifiuto ed il dileggio delle regole di una democrazia parlamentare e proporzionale; la esaltazione del leader come uomo forte e risolutore di ogni crisi.
Il leader, non è riconducibile alle formule di schieramenti: non al centrodestra; non al populismo pasticcione; non al sovranismo dei poveri. Il tentativo è quello di ricostruire un percorso politico fondato su un rapporto primario fra leader e popolo; basato su precisi obiettivi: sicurezza; migranti; crescita; lavoro; tasse; anti Europa. Questi obiettivi vengono presentati in modo diretto (la spiaggia, il comizio, il Twitter) e soprattutto come fatti concreti già perseguibili. Il rapporto con il popolo avviene sul fare. Questo è il messaggio che passa e viene presentato al Paese chiedendo il mandato a governare, con i pieni poteri.
Non siamo in uno scontro fra partiti e programmi, ma nel tentativo di presentare il confronto, in ogni passaggio, come una sorta di plebiscito nei confronti del leader e del suo programma, che è fatto, in realtà, soltanto da comportamenti decisi e parole d’ordine.
Questo avviene in mancanza di un sistema politico efficiente e rappresentativo (quasi la metà degli elettori non votano); e quindi questa strategia plebiscitaria e di conquista dei poteri passa come nel burro con qualche nobile protesta e dignitosa contrapposizione. Non ci può essere un leader alternativo, in questo schema di contrapposizione politica. Non ci sono partiti. Rischia di sfarinarsi il M5S; si sta sfarinando FI; potrebbe sfarinarsi il PD, la cui unità, in questa fase, va tutelata e difesa.
Ma un sistema politico efficiente va ricostruito da subito, anche attraverso le identità programmatiche e le responsabilità di Governo. Non si deve accettare, come la sinistra sciaguratamente ha fatto nel passato, la leaderizzazione del confronto; non si può puntare, almeno nel medio periodo, sulla rinascita dei partiti e degli schieramenti; si deve ripartire dalle comunità e dal territorio, dai suoi interessi, dalle sue identità. Il nuovo sistema politico si ricostruisce con il civismo federativo.
Civismo, perché nei valori civici la comunità trova il senso concreto della democrazia governante, definisce i suoi interessi, non li fa condizionare da scelte ideologizzate e da convenienze di parte. Federativo, perché più comunità si uniscono per comuni interessi, funzioni, identità, bisogni, ed attraverso le istituzioni riformate, esprimono quella strategia di Governo e quelle funzioni amministrative che rispondono alle esigenze locali e globali di una entità storicamente compiuta e definita, come Città, Regione, Stato. Le ideologie del Novecento, le lotte sociali, le trasformazioni economiche, gli equilibri internazionali, furono la materia del sistema politico della Repubblica, fino alla fine del secolo. Dopo il ventennio della grande confusione, il civismo federativo deve essere la base del nuovo sistema politico in formazione. Gli schieramenti verranno; le diversità valoriali emergeranno; le contrapposizioni di interessi si manifesteranno; ma la materia della politica come vita della democrazia sarà nuova è rinnovata in continuazione. E non vi dovranno essere più plebisciti sulla persona ma contrapposizioni e giudizi sulle volontà e le proposte. - La crisi del sistema istituzionale è stata la naturale conseguenza della crisi del sistema politico. Per più di cinquant’anni anni, nel bene e nel male, dalla politica è venuto l’impulso al funzionamento delle istituzioni; la mediazione politica diventava materia di scelte esecutive e di normative di orientamento. Il declino della politica come motore decisionale ha indebolito un sistema istituzionale che non era costruito per essere autonomo e alternativo; si sono quindi aperte crepe di funzionalità, efficienza e rappresentatività sia nei grandi corpi dello Stato, elettivi o separati, che nel sistema degli Enti territoriali e nelle funzioni amministrative e di servizio. Dal Parlamento alle Regioni, dalla amministrazione della Giustizia alla Scuola, dalla Sanità e Sicurezza Sociale all’Ambiente, dai Trasporti allo Sviluppo Produttivo, l’inefficienza delle Istituzioni è stato un motivo dominante nella coscienza negativa del popolo italiano verso lo Stato.
In questo malessere è cresciuto il qualunquismo aggressivo del M5S,come il populismo sovranista della Lega; ambedue, su questo duplice percorso di crisi, politica e istituzionale, hanno costruito le loro fortune. Queste fortune, nella fase successiva di proposte per la soluzione dei problemi, stanno cadendo in balìa di autentiche trappole, irrisolvibili e pericolose per il Paese. Dal reddito di cittadinanza alla quota 100, dalle autonomie differenziate al blocco delle infrastrutture, dal Decreto sicurezza al taglio del sostegno all’informazione, (e si potrebbe proseguire), il Governo Giallo-Verde, ha viaggiato verso la sua dissoluzione, non essendo mai riuscito a far capire il suo percorso, la sua strategia, la sua pianificazione delle risorse in entrata ed uscita. In sostanza, non si è mai capito con cosa volessero e potessero sostituire nelle Istituzioni, il motore mancante della politica.
Questo problema nella sua interezza, viene trasmesso al Governo M5S e PD: chi per questo si sta spendendo in positivo, deve saper pensare per sistemi e governare per progetti. La forza riformatrice deve esprimersi così, rifiutando ogni approssimazione ed ambiguità. La gestione delle autonomie regionali differenziate è un esempio di questa debolezza culturale e politica che si estende anche ad ampi settori della sinistra. Si è proceduto come se ogni Regione andasse per suo conto, sulla base di trattative separate e bilaterali; non rendendosi conto che si stava lavorando all’interno del fallimento del regionalismo a 20, ed all’interno di un processo disgregativo dei poteri dello Stato in materie essenziali nella vita di una democrazia matura.
Questo deve essere il punto d’attacco del Civismo Federativo: non si deve negare l’autonomia differenziata come opportunità Costituzionale. Ma, la si deve rendere conseguente alla realizzazione del livello essenziale delle prestazioni secondo il dettato costituzionale (Art. 117, comma 3, lettera m); ed alla realizzazione del Governo Federato delle risorse e delle strategie delle città metropolitane e delle Regioni, riconducibili a comuni identità, interessi, bisogni. Passare da una gestione divisiva, autarchica, miope e senza prospettive, ad una proposta positiva e aggregante, che vedrebbe Nord e Sud legati dalla strategia comune del civismo federativo, e dalle nuove realtà delle macroregioni.
Rimettere in funzione la politica come motore delle istituzioni, senza ritornare alle esperienze passate del sistema dei partiti, lo si può fare se insieme è possibile legare la visione civica dei problemi e dei protagonisti con la capacità federativa di governare le risorse e le opportunità. L’uomo ed il territorio sono le risorse sulle quali si fonda ogni strategia di riforma e di sviluppo. Ripetiamo: si pensa per sistemi, si governa per progetti. Un piano di infrastrutture (il progetto nel territorio) deve essere all’interno di un piano dei Trasporti (il sistema per l’uomo). Un piano di edilizia scolastica è interno ad un progetto di riforma della Scuola. L’Italia Mediterranea è avanti nella elaborazione progettuale e strategica. Indietro nella organizzazione politica e negli obiettivi. Il risveglio del Riformismo meridionale è una realtà, e la consapevolezza dei meriti e delle opportunità di un Mezzogiorno Federato è un fattore politico qualificante. È il momento, per l’Italia Mediterranea, di partecipare ad un movimento comune in tutto il Paese per contrapporre alla strategia sovranpopulista di conquista dei poteri, una strategia del civismo federativo che miri alla ricostruzione del sistema politico, al superamento delle disuguaglianze, e al rinnovamento delle Istituzioni.
Di fronte al Paese, partendo dal territorio e dalle comunità, una iniziativa civica e federativa, di respiro nazionale, potrà parlare il linguaggio della ragione, della giustizia, della competenza, della semplificazione, della innovazione. E farsi ascoltare da quella metà del Paese che, da anni, non ascolta la buona politica. - Il fallimento del Regionalismo a 20, non comporta il fallimento della scelta regionalista affermata dalla Costituzione.
Si è consumato nella esperienza ultracinquantennale un modello organizzativo e strutturale definito in una fase profondamente diversa e non accompagnato, nel corso degli anni da una consapevole ed adeguata azione di riforma. Le funzioni e l’efficienza delle Istituzioni Regionali hanno perso credibilità ed efficacia di fronte alla domanda , cambiata nel tempo, di governabilità e rappresentanza da parte del popolo amministrato.
L’affermazione del territorio come risorsa da utilizzare pienamente, in una strategia complessa di sviluppo; la crescita della comunità come soggetto identitario attivo nel cambiamento della qualità e quantità dei servizi utilizzati; la dimensione nuova dei problemi e delle opportunità di una società pluralista ed esigente; la diversità degli interlocutori istituzionali, come lo Stato, troppe volte sentito lontano ed antagonista; e l’UE, burocratico interlocutore o bancomat dispensatore di risorse. Sono tutte questioni senza risposta
La verità è che l’anima della Regione è venuta meno perché le sue dimensioni, funzioni, obiettivi, sono al di sotto dei problemi e delle opportunità di sua competenza.
La crescita della consapevolezza civica come essenziale nello sviluppo e benessere delle comunità organizzate, rende il tessuto amministrativo e culturale delle Città Metropolitane e dei sistemi urbani diffusi, il più idoneo alla gestione ampia della vita quotidiana e dei problemi di abitabilità urbana e sicurezza sociale ed ambientale.
Lo sviluppo della competizione territoriale in tutta la dimensione europea e mediterranea, che è passaggio decisivo nelle opportunità di crescita economica e civile dei nostri territori, rende la scrittura attuale delle dimensioni e caratteristiche delle Regioni, con poche eccezioni, una realtà incapace di quelle responsabilità di governo e di proiezione strategica, assolutamente necessarie nella fase di crisi che la UE sta attraversando, e l’Italia subendo, senza visibili reazioni e cambi di prospettiva.
Il Regionalismo a 20 è finito, non per la richiesta delle autonomie differenziate di alcune regioni del Nord, ma perché non risponde più alle esigenze del Paese e delle sue trasformazioni; presentando una realtà frantumata, costosa, inefficiente ed impotente.
Ma non è finita l’esigenza costituzionale della struttura regionalista dello Stato italiano, soprattutto nella fase di riforma e ristrutturazione di una UE, euro mediterranea, che si avvia ad essere nuova protagonista nello scenario mondiale.
Questa nuova struttura regionalista và riscritta nelle dimensioni, nei poteri, nelle competenze; puntando a costruire soggetti forti che accompagnino il governo nazionale nelle scelte di governabilità interne e nelle costruzioni sistemiche comunitarie. Ma questi soggetti devono essere anche contenitori consapevoli della governabilità civica delle città metropolitane e dei sistemi urbani diffusi, senza sovrapposizioni ed antagonismi.
Le finalità di queste nuove ed antiche regioni, che abbiano la necessaria massa critica, devono essere la competitività territoriale, nella dimensione euromediterranea; la governabilità delle comunità, delle risorse, delle opportunità, nella dimensione nazionale. Non si tratta, di una pur utile, operazione di ingegneria costituzionale ed istituzionale, né un esercizio di governo. La crisi del regionalismo a 20, è stata insieme con altre, causa ed effetto di uno scollamento del popolo dalle Istituzioni del territorio che avrebbero dovuto rafforzare la partecipazione democratica. Il paese è realmente diviso, anche profondamente su interessi territoriali forti e su identità antagoniste esasperate strumentalmente.
La ricomposizione dell’unità del Paese; la costruzione del nuovo sistema delle autonomie; la competitività e l’efficienza nel governo delle risorse umane e del territorio; la lotta alle diseguaglianze come priorità qualificante; tutto questo deve essere la materia di un movimento di popolo che sia protagonista della rinascita della Nazione nelle sue autonomie e nella sua identità: italiana, europea, mediterranea.
Questo movimento deve nascere nella trasversalità delle convenienze politiche, nella diversità degli insediamenti territoriali e degli interessi; nella pluralità delle esperienze culturali e sociali. Deve nascere ora e subito, dando al risveglio in atto nella coscienza popolare, valori ed obiettivi per i quali mobilitare energie e volontà.
L’Italia Mediterranea ha indicato nel Civismo Federativo la sintesi sistemica di questo Movimento, la sua cifra programmatica e progettuale.
Confermando gli obiettivi programmatici espressi nel Manifesto fondativo, l’obiettivo politico, che viene assunto come priorità, riguarda le Regioni del Mezzogiorno continentale comprese nell’obiettivo 1 dell’UE e le Città metropolitane.
L’immediata iniziativa si manifesta nel rifiutare il confronto sulle autonomie differenziate e le polemiche conseguenti, chiedendo al Governo di dar vita alla costituzione federativa di una unica Regione del Mezzogiorno continentale supportando la richiesta con un adeguato progetto organizzativo che segua e rispetti la procedura Costituzionale.
Nella fase di attuazione del percorso costituzionale, si possono utilizzare le opportunità sancite dagli artt. 116 e 117 della Costituzione e dai referendum regionali per realizzare strutture gestionali di rapida operatività, che garantiscano la gestione federata di poteri, competenze, risorse.
Si può cominciare così:
- Far gestire i Fondi comunitari di queste Regioni dal 2021 al 2027 (che rappresenta l’85% di 43miliardi di euro) da un’unica Banca (CDP o BEI) secondo le indicazioni operative dell’organo di controllo istituito dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane;
- Rappresentare i PON e i POR in un unico programma costruito e gestito dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane insieme alla Presidenza del Consiglio (non dai singoli Dicasteri);
- Deve essere realizzato dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane un unico quadro degli interventi infrastrutturali prioritari da avviare e completare nei 5anni;
- Definire e valutare le funzioni economiche e gestionali connesse al piano delle infrastrutture;
- Unificare tutte le delegazioni ministeriali presenti nelle singole realtà regionali;
- Costruire nelle Regioni federate un unico distretto logistico;
- Costituire nelle Regioni federate una unica gestione dell’offerta portuale.
Nel quadro di un’ampia crisi di reputazione delle forze politiche tradizionali, accompagnato dalla preoccupazione per un governo che unisce forze populiste ed antieuropeiste che rischiano di farci regredire pericolosamente sul piano dei diritti civili oltreche su quello economico e sociale, con derive pericolose, nasce l’esigenza di assicurare "dal basso" una difesa della stessa democrazia e delle istituzioni, stimolando gli amministratori locali a riappropriarsi della capacità di farsi interpreti delle esigenze dei cittadini, fornendo prospettive per il futuro.
Proponiamo di ripartire da un processo mirato a ricomporre a livello locale un tessuto connettivo tra la società civile e la politica, offrendo competenze e risorse che incrementino il livello di credibilità e di coinvolgimento. In questo senso vogliamo raccogliere le sfide della globalizzazione trasformandole in opportunità, coniugando l’attenzione allo sviluppo economico con la possibilità di collaborazione tra pubblico e privato, la difesa dell’ambiente con l’attenzione alle marginalità sociali, compresa la capacità di accogliere e di includere.
Partiamo dalla consapevolezza del valore rappresentato dalle vocazioni delle nostre comunità, per rilanciarli nell’ottica di un’Europa federale che nasca dai territori e non dagli Stati. Intendiamo costruire alleanze e percorsi tra le istituzioni locali e il mondo dell'imprenditoria, individuando obiettivi comuni per mettere a punto un vero e proprio Piano strategico per il Piemonte.
Vogliamo ribadire i principi di uguaglianza e di sussidiarietà, mettendo al centro delle nostre politiche la dignità delle persone e la garanzia dei diritti di ciascuno, consapevoli che l’apertura ad idee e culture diverse sia strumento di crescita ed arricchimento per le nostre società. Abbiamo individuato un’agenda che si declina attraverso le seguenti linee di azione prioritarie da perseguire a livello regionale:
- Logistica e sistema dei trasporti, dichiarando la piena adesione alle grandi opere in corso di realizzazione (TAV, completamento AT-CN, terzo valico), come tassello fondamentale per accrescere la competitività del territorio.
- Attenzione all’ambiente, consci che vogliamo lasciare alle generazioni future un territorio in cui l’equilibrio delle risorse non sia stravolto; attenzione all’ambiente come parte integrante delle politiche economiche, attraverso misure per la sostenibilità dei trasporti, la riduzione delle emissioni, l’efficentamento energetico dei processi produttivi.
- La sicurezza del territorio: viviamo in una regione caratterizzata da estesi settori montani e da ampie aree alluvionali, investire su azioni di riduzione del dissesto idrogeologico significa prevenire e risparmiare.
- Priorità del Lavoro, creando reti di impresa a livello di sistema territoriale che puntino su innovazione e formazione.
- Welfare, Politiche sociali e Sanità.
- Accoglienza e cittadinanza, pensando ad un’Europa delle regioni e delle comunità, che superi le divisioni nel rispetto reciproco, aprendoci al mondo senza timori e consapevoli che la cittadinanza implica il rispetto delle regole comuni.
- Riorganizzazione della pubblica amministrazione, nell’ottica di una semplificazione da realizzarsi attraverso interventi normativi, amministrativi, organizzativi e tecnologici finalizzati a ridurre il peso della burocrazia su cittadini e imprese.
Condividendo questi principi vogliano riunire tutte le liste civiche che intendono partecipare alla crescita di un movimento civico che incoraggi lo sviluppo del territorio, incentivando innovazione e cambiamento, in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Ogni storia è tale solo quando viene raccontata. Noi lo abbiamo fatto tante volte con giornalisti, amici e familiari, descrivendo la straordinaria esperienza di mobilitazione civica a Torino che ci ha coinvolto e “travolto” a partire dall’ottobre 2018. Ora vorrei ripercorrere in forma scritta quegli eventi, dandone una testimonianza in soggettiva. Siamo nell’autunno 2018. Da mesi avverto in città, nella gente comune, negli esponenti della società civile e produttiva, smarrimento, rinuncia a immaginare e vedere il futuro. Torino è la bella addormentata, la triste metropoli dove il lavoro non c’è, la crescita non decolla, lo sviluppo è un elenco di occasioni mancate e partite perse dopo la grande speranza suscitata dalle Olimpiadi invernali del 2006. La decrescita infelice è all’opera, le attività commerciali chiudono, le grandi aziende si ritirano, i cervelli sia giovani che maturi fuggono altrove. A due anni e mezzo dall’insediamento della Giunta Appendino, la città ha solo record negativi da elencare.
Il culmine di questa situazione sopraggiunge il 29 ottobre 2018 quando il Consiglio comunale, a maggioranza Cinque Stelle, dichiara Torino Città No TAV, cioè contraria al completamento della infrastruttura ferroviaria di collegamento del Nord Italia alla Francia. Quel giorno freddo e piovoso ci ritroviamo in tanti davanti alla Sala del Consiglio Comunale, increduli che stesse davvero accadendo l’ammutinamento di una città da parte di chi la governa. E proprio lì nasce spontaneo il nostro gruppo Facebook SI’, Torino va avanti, animato da due donne, poi da tre e infine sette promotrici. Il seguito sul social network è da subito un’onda che cresce di giorno in giorno: alla fine della settimana abbiamo 30.000 iscritti. Non eravamo dunque le sole ad essere in profondo disaccordo con le scelte al ribasso della nostra Amministrazione locale. Le persone che si iscrivevano al gruppo chiedevano di più, raccontavano di sogni e desideri per il futuro, di progetti di sviluppo professionale, sociale, culturale e educativo che non trovavano spazio e voce in ambito cittadino.
Tanta parte della città non voleva arrendersi e sperava di più. Una città VIVA. E la TAV ne era il simbolo, immagine e sostanza, di progresso, connessione internazionale e visione futura. E così decidiamo di organizzare, in poco più di una settimana, la manifestazione di piazza del 10 novembre 2018. Noi sette cittadine, senza nessuna esperienza politica, e Mino Giachino, che coinvolgiamo in quanto ideatore della petizione Si TAV. Abbiamo lavorato duramente per giorni lottando contro il tempo e contando unicamente sulle nostre risorse e competenze. Forti però di un consenso che aumentava di giorno in giorno. Elaboriamo un Manifesto volutamente in positivo a favore del nostro territorio e non contro qualcuno, basato su 7 SI’: alla TAV, al Lavoro, allo Sviluppo, alla Formazione, all’Innovazione. In piazza quel giorno si radunano spontaneamente e pacificamente oltre 40.000 persone, un’adesione così massiccia e dal basso come non si vedeva a Torino da decenni. Da quel giorno inizia per noi sette donne un periodo folle di esposizione mediatica, di notorietà, di tentativi di influenzamento. La gente si riconosce in noi, ci avvicina per strada, ci esorta ad andare avanti, ci vede come interpreti genuine e credibili delle loro aspettative.
Qualcosa è cambiato in città, titolavano i giornali locali e nazionali. E qualcosa è accaduto davvero. Ci è stato riconosciuto da molti di aver cambiato la narrativa di Torino, fino a quel momento tutta negativa e al ribasso. Noi sette cittadine abbiamo intercettato e dato voce a un sentimento trasversale profondo: la voglia di contare, di partecipare al dibattito pubblico e di influenzare le decisioni vitali per la città. Con la nostra azione di mobilitazione civica abbiamo fatto sì che la TAV e in generale il tema delle infrastrutture e delle connessioni con l’Europa ritornassero al centro dell’agenda di Governo. Ma abbiamo soprattutto testimoniato che le comunità locali possono svolgere, oggi e nel nostro Paese, un ruolo fondamentale di stimolo, indirizzo, pressione a livello politico qualunque sia il contenuto della loro battaglia civile.
Nei mesi seguenti non abbiamo mollato, siamo tornate in piazza il 12 gennaio con oltre 100 sindaci del Nord Italia e il 18 aprile con tutte le associazioni produttive e sindacali del territorio. In entrambi i casi Piazza Castello, cuore della città, si è riempita di circa 30.000 persone.
Innegabilmente le tre manifestazioni hanno ottenuto un enorme successo, e questo non per merito nostro, bensì per ciò che noi abbiamo incarnato e interpretato. Abbiamo sicuramente occupato uno spazio politico e i politici di professione sono venuti a cercarci. Noi stesse ci siamo a lungo interrogate sul come e se trasformarci in un movimento politico-partitico. Da un sondaggio elettorale commissionato per le Elezioni Regionali del Piemonte emergeva che, se avessimo mantenuto la nostra anima civica e autonoma distinta dai partiti tradizionali, avremmo potuto raggiungere il 10% dei voti. Se ci fossimo invece apparentate con forze politiche già esistenti avremmo perso fino la metà dei nostri consensi. Agli elettori intervistati piaceva la nostra reputazione e la nostra maturità personale e professionale, il non essere politici di professione, l’aver avuto coraggio nel portare avanti le nostre idee (che poi erano anche le loro in fatto di TAV, in quanto quasi l’80% dei piemontesi è favorevole alla TAV).
Non ci siamo presentate alle Elezioni Regionali perché il nostro incontro si rivelò, cammin facendo, un incontro di scopo (portiamo a casa la TAV) e una avventura molto alta di civismo responsabile, laddove la politica stava (sta?) fallendo sia nel disegnare visioni di futuro che nel realizzare piani realmente di interesse per i cittadini.
L’impegno civico dei cittadini al servizio della collettività è sicuramente una forma nobile ed efficace di partecipazione alla cosa pubblica. Tutte noi sette abbiamo sentito la “chiamata”: per mesi ci siamo allontanate dalle nostre attività professionali, abbiamo trascurato tempo libero e impegni personali, tanta era la costante responsabilità che sentivamo di avere. Arriva però un tempo in cui i cittadini tornano a fare i cittadini, altrimenti diventano politici. E sbloccata la TAV a fine luglio da parte del Premier Conte, siamo tornate alle nostre vite e occupazioni. Rimane in tutte noi un profondo senso di responsabilità e di grande apprensione per le sorti e lo sviluppo del nostro territorio. Tornano le domande sulla politica: se si volesse avere un ruolo più istituzionale, che tipo di politici vorremmo essere? Sicuramente non politici autoreferenziali, che vivono di meta-politica e di giochi di potere lontani dalla vita quotidiana del territorio che rappresentano. Piuttosto, politici che crescono con i cittadini, perché hanno a cuore la comunità a cui loro stessi appartengono; politici che vedono lontano ma non si allontanano; politici profondamente civici, preparati e animati realmente da spirito di servizio, l’unico modo vero e praticabile di fare politica.
Torino, 4 gennaio 2020
La disaffezione alla politica e la crisi dei partiti non significa crisi della partecipazione, disinteresse alla cosa pubblica, egoismo sociale, anzi. Sempre più intenso è l'impegno di tanti cittadini nelle organizzazioni di volontariato, nelle associazioni, nelle manifestazioni culturali, in tutte le sedi in cui si esprimono idee, voglia di fare e capacità di confronto. Molti sono alla ricerca di nuovi modi per partecipare alla vita pubblica.
L’esito delle recenti elezioni politiche hanno evidenziato come le mancate risposte alla domanda di giustizia sociale, di garanzie per il presente e di opportunità per il futuro, il permanere della vecchia politica, ormai incapace, insieme a una burocrazia inefficiente, di affrontare e portare a soluzione i gravi problemi che assillano fasce sempre più ampie di popolazione, abbiano determinato un radicale cambiamento nella rappresentanza politica e premiato movimenti che , più di altri, hanno interpretato la domanda di bisogno e di giustizia sociale ampiamente diffusa nel paese ed in modo particolare al sud e nelle isole.
Vedremo, nei fatti e nella difficile arte di governo, come i nuovi rappresentanti del popolo sapranno soddisfare le aspettative ed in particolare in relazione ai temi che hanno maggiormente attratto un numero elevato di elettori: dal reddito di cittadinanza per il movimento 5 Stelle alla consistente riduzione fiscale e riforma (anzi abolizione) della legge Fornero per la Lega.
In misura meno eclatante, ma molto diffusa, già nelle elezioni amministrative, era emerso come una diversa modalità di partecipazione alla vita pubblica si affermasse attraverso i movimenti civici e sindaci autonomi dai tradizionali partiti.
Dunque il desiderio di partecipazione non è morto: si incanala in nuove forme di partecipazione politica, movimenti civici e reti capaci di aggregare uomini e donne dotati di varie competenze, animati da spirito di servizio e provenienti da tutti i ceti sociali; il declino delle nostre comunità, grazie ad essi, non è una prospettiva irreversibile.
Sono numerose le esperienze positive di mobilitazione già maturate dai movimenti e dalle reti civiche in sede locale. Si tratta ora di ampliarne gli scopi e di allargare il perimetro della loro azione politica a un più vasto ambito regionale e nazionale, con l’obiettivo di costruire un robusto tessuto di nuovi e credibili canali di partecipazione alla vita pubblica.
La scommessa per i movimenti e le reti civiche è quella di dar vita a reti più vaste, raggiungere una massa critica e una rilevanza almeno regionali, in alternativa a modelli di partito sempre più chiusi nelle loro dispute interne, o contrapposti a partiti e movimenti caratterizzati dalla scarsa capacità di tenere in considerazione il quadro economico e finanziario del paese e la sua relazione con l’Europa e il mondo. Ciò al fine di rivitalizzare il dialogo con il popolo e con i soggetti capaci di esprimere e di rappresentare i valori e gli interessi dei territori e delle comunità. Sarà questo il modo più efficace per intercettare importanti energie e competenze, giovani e meno giovani, che non ricercano più, e in ogni caso non trovano, il giusto spazio nei partiti tradizionali.
Ciò che la società civile chiede con forza è poter contribuire alla costruzione di una democrazia che sappia discutere ma poi decidere; una democrazia efficiente e orientata ai risultati, che con concretezza si assume la responsabilità di risolvere i problemi della comunità, i bisogni quotidiani, intercettando le aspirazioni e le necessità prima che diventino emergenze.
Una democrazia di questo tipo ha bisogno di un reale radicamento territoriale: la politica non può prescindere da un rapporto stretto e simbiotico con il territorio nel senso che la base di una struttura democratica deve rinascere dal territorio, dalle esigenze e dai bisogni dei luoghi e dei cittadini che li abitano.
Il legame territoriale è dunque il primo elemento caratterizzante questo tipo di reti. Un radicamento territoriale ben lontano dall'idea sterile e superata di conservatorismo localista, e che punta invece ad incrementare il grado di apertura (e quindi la rilevanza) delle comunità locali, per potenziarne i valori e le esperienze e proiettarli in una dimensione geografica e politica più ampia.
Naturalmente reti civiche e movimenti, per aggregarsi, devono riconoscersi in un nucleo di principi condivisi e di valori democratici alla luce dei quali interpretare i cambiamenti sociali, assicurare nuove tutele favorendo al tempo stesso lo sviluppo e l'iniziativa privata capace di creare lavoro, benessere e ricchezza diffusa.
La nostra proposta politica va perciò nella direzione di una rete che coltivi il rispetto della libertà personale e della solidarietà; che aspiri alla costruzione di un’Europa capace di difendere e consolidare valori, ideali e diritti in un mondo sempre più globalizzato, in cui i Paesi, da soli, sono destinati ad una crescente perdita d’importanza e quindi ad un inesorabile declino. Una Europa che sia finalmente vicina ai suoi cittadini e che non li mortifichi in nome della difesa di astratti principi economici.
Vogliamo creare una rete riformista e progressista che sappia raccogliere e impegnare le migliori energie in un progetto di cambiamento, di modernizzazione del nostro territorio e del Paese in un quadro di equità sociale, perché non esiste giustizia quando la forbice della ricchezza si apre e il ceto medio si indebolisce e viene trascinato verso il tracollo economico.
Occorreranno quindi politiche economiche che non affidino solo alla leva fiscale la riduzione del divario tra ricchi e poveri ma che creino le condizioni per la ripresa della crescita, perché l’unica ricetta percorribile è quella di garantire sviluppo economico e con esso il lavoro, il benessere e la prospettiva di un futuro migliore.
In questo modo, la politica può tornare a essere qualcosa di piacevole e persino divertente, oltre che coinvolgente e appassionante e non più solo teatro di beghe e di scontri. Una attività gioiosa da affrontare con serietà e impegno perché non sono solo l’economia o il welfare da ricostruire ma, anche e prima di tutto, il rapporto di fiducia del cittadino con la politica e con le istituzioni.
Il nostro territorio è la Liguria; qui possiamo costruire la nostra rete, senza particolarismi o campanilismi, aperti all’Italia e all’Europa, pronti al dialogo ma anche alla intransigente difesa delle battaglie in cui ci impegneremo.
Nell'attuale Consiglio regionale della Lombardia è presente con due Consiglieri il Movimento Lombardi Civici Europeisti. Il movimento delle rappresentanze civiche lombarde che si propone di lavorare insieme con tutte le realtà civiche del territorio, per creare un processo di innovazione politica tra le tantissime esperienze di inclusione, solidarietà e cultura civica. I nostri due Consiglieri eletti nel 2018 sono Elisabetta Strada (presente anche nel Consiglio comunale di Milano con Beppe Sala) e Niccolò Carretta (eletto a Bergamo e stretto collaboratore di Giorgio Gori). Per la prima parte della legislatura Elisabetta ha svolto il ruolo di Capogruppo che, nella seconda metà, viene svolto da Niccolò. L'azione del gruppo è improntata ad una forte spinta ambientalista e improntata allo sviluppo sostenibile. Il nostro pianeta, ormai da anni, ci manda segnali che non possiamo più ignorare e la cura dell'ambiente deve diventare la priorità anche per Regione Lombardia, la regione più inquinata d'Europa. I Civici lombardi si propongono innanzitutto di tutelare e fare gli interessi dei tanti giovani di oggi, la generazione più bistrattata dalla politica, e per cercare di colmare il più possibile la differenza di genere che blocca, di fatto, lo sviluppo e la crescita economica, sociale e culturale. Il gruppo sta anche sostenendo la battaglia a favore dei pendolari per garantire un servizio di trasporti pubblico degno della regione Lombardia e proverà con maggior incisività ad ottenere più finanziamenti per la sanità per garantire cure di buon livello per tutti, senza sprechi.
Non manca soddisfazione per il lavoro fatto: il senso di responsabilità politica cresce e "si diventa grandi!" Proprio in quest'ultima fase infatti è partita dalle reti civiche della Lombardia “l’onda verde” contro la dispersione, lo spreco e la cattiva gestione dei prodotti in #plastica. Obiettivo: adozione di politiche ambientali nelle pubbliche amministrazioni locali tramite le liste civiche associate in Alleanza Civica del Nord e creazione di agende ambientali territoriali civiche.
Nel Convegno svolto a metà gennaio hanno partecipato: Carlo Alberto Rinolfi (Coordinatore Gruppo Ecoambiente di Alleanza Civica del Nord) - Antonello Ciotti (Presidente Corepla) - Marinella Levi (docente del Politecnico di Milano) - Valter Molinaro (Coop Lombardia) - Niccolò Carretta (Consigliere regionale Lombardi Civici Europeisti e Presidente della Commissione di Inchiesta sui rifiuti in Lombardia). Nel corso del Convegno sono state lanciate queste parole d'ordine: #CiviciPerLambiente #NoDispersionePlastica #RaccoltaRicicloRigenerazionePlastica #GreenAttitude. Proprio in questo mese di gennaio peraltro è stato discusso ed approvato con alcuni nostri emendamenti in Consiglio Regionale della Lombardia l'atto di indirizzi in materia di programmazione della gestione dei rifiuti e delle bonifiche: Piano verso l'economia circolare.
La rivalutazione del Programma Regionale di gestione dei Rifiuti (PRGR) ha una programmazione che si sviluppa in un arco temporale di 6 anni, quindi ha valenza 2020/2026 un periodo in cui sempre alta sarà l'attività di vigilanza di noi civici e in cui l'ambiente sempre più sarà al centro del movimento dei Lombardi Civici Europeisti.
Voghera è una esperienza pilota, piccola ma importante, del Civismo lombardo.
La formazione che aveva costituito una lista unitaria per le elezioni comunali, rinviate per l'epidemia che ha colpito profondamente anche la nostra area, ha voluto assumere proprio la denominazione di "Alleanza Civica" e presentarla già alla cittadinanza poco prima del Coronavirus.
La formazione civica nasce dalla alleanza tra la "Lista Civica Ghezzi Sindaco" e la lista "+Libera Voghera" (costola locale di +Europa e di Radicali Italiani). L’alleanza ha annunciato la propria partecipazione alle Elezioni comunali del 2020.
Il civismo ha ritrovato così nuova vitalità agli occhi dei cittadini, libero da vincoli di partito e da preconcetti ideologici.
L’elettorato cui si rivolge è infatti trasversale e si focalizza sulla necessità di un forte cambiamento nella gestione del Comune.
Nel primo incontro pubblico, realizzato ad inizio d'anno con la presenza anche di Franco D'Alfonso, Pier Ezio Ghezzi ha spiegato bene come “il programma elettorale sarà definito insieme alle parti sociali e imprenditoriali, alle associazioni di categoria e a quelle di volontariato. I programmi li fanno i cittadini e il civismo ne raccoglie le istanze". Una verità questa ancora più forte dopo il Coronavirus.
“Noi di Voghera +Libera abbiamo deciso - ha precisato Alessandro Traversa, Coordinatore provinciale +Europa - di appoggiare il 'cantiere' civico insieme alla lista civica Voghera. È un percorso comune che porterà alla stesura di un programma condiviso.
La nostra lista civica, che è composta da +Europa, radicali pavesi e Voghera più Libera, si pone al centro come nuovo polo liberal democratico, con particolare attenzione al rilancio economico del tessuto sociale, a una conversione ecologica e smart della città e un occhio di riguardo ai temi civili.”
Alla conferenza stampa era presente anche Silvia Simeone, referente di Voghera in Azione, comitato cittadino di Azione, il partito fondato da Carlo Calenda. Probabile il sostegno di Azione alla coalizione civica. Anche se ora, con lo slittamento in autunno delle elezioni, tutti i programmi dovranno essere in sintonia con la necessità di contribuire tutti alla ricostruzione economica e sociale dei nostri territori e Comuni, devastati dall'epidemia di Coronavirus.
La Lista Civica Appello per Lecco è, con l'esperienza di Voghera, quella più avanti nella definizione di un discorso elettorale autonomo.
La campagna per il rinnovo delle Amministrazioni Comunali, sospesa per l'emergenza del Coronavirus, riprenderà in autunno probabilmente da dove è rimasta.
A Lecco non è una questione di candidature: all’indomani del divorzio ufficiale tra Pd e Appello per Lecco, Corrado Valsecchi, fondatore del gruppo civico e candidato a sindaco di Lecco, ha già spiegato più volte i motivi che hanno portato alla rottura della storica alleanza con i democratici del PD, il cui capolista si era rifiutato persino di firmare, come avevano proposto tutte le altre liste a causa del lock out contro il Coronavirus, la sospensione della campagna elettorale.
Valsecchi ha sempre fatto della situazione di Lecco un racconto “pacato e senza polemiche, così come “sereno e convinto” è sempre stato il modo in cui Appello per Lecco, ha deciso alla fine di un lungo infruttuoso confronto, di presentarsi con la propria Lista di fronte agli elettori.
"La campagna elettorale sarà la narrazione di ciò che siamo stati in questi dieci anni e di ciò che saremo – spiega Valsecchi – C’è un progetto nato nel 2010 e che per due volte ci ha visto protagonisti con il PD nella vittoria alle precedenti elezioni. Un progetto che ha ispirato anche Milano e altre grandi città, che ha portato alla creazione della rete del civismo lombardo, ora Alleanza Civica del Nord”.
Un progetto che, per il gruppo lecchese, rischiava di non avere prosieguo nel disegno della coalizione di centrosinistra. “Ero disponibile a lasciare a Mauro Gattinoni la leadership della candidatura: abbiamo proposto la creazione di un’alleanza civica, un unico grande contenitore a cui avrebbero partecipato i nostri iscritti, i suoi simpatizzanti e chi con profilo civico avesse voluto esserci. Io sarei stato capolista di questo gruppo e Gattinoni il candidato sindaco. La risposta è stata no”.
In pratica, Appello per Lecco avrebbe chiesto a Gattinoni di rinunciare alla sua lista civica e di creare un unico gruppo al fianco del PD. Un’ipotesi che non ha però trovato seguito. “Per noi questa chiusura è incomprensibile. A quel punto le possibilità per Appello per Lecco erano quelle di confluire nella lista civica di Gattinoni oppure essere l’ennesima lista di una coalizione già ampia. Una cosa che non potevamo accettare, perché avrebbe voluto dire abbassare la serranda sull’esperienza di "Appello per Lecco”.
Il secondo motivo di contrasto con i democratici ha riguardato la stessa coalizione: “Il progetto originale che avremmo voluto riproporre era la partnership vincente tra PD e i civici. Si è invece voluto creare a tutti i costi un’ armata Brancaleone che aveva in sé dalla sinistra estrema fino a classiche componenti della destra lecchese."
"Anche noi - continua Valsecchi - siamo un gruppo eterogeneo, ma compatto sul programma. Il problema infatti non è vincere le elezioni, ma governare la città, cosa che invece non abbiamo visto nel disegno di governo di quella coalizione. Come programma avevano quello di isolare Appello per Lecco, e pur di tagliare il nostro albero erano pronti ad abbattere un intero bosco!"
"Noi - sottolinea Valsecchi - abbiamo avuto coraggio e abbiamo chiesto alla comunità di averlo allo stesso modo. Negli anni passati abbiamo dimostrato la nostra passione, il nostro amore per la città concretizzato in tante iniziative, dall’isola Viscontea al restauro dei monumenti, dalle iniziative sociali fino al progetto della Grande Lecco, solo per citarne alcuni. Siamo l’unica lista realmente civica, l’unica libera da ogni condizionamento esterno dei partiti, ed sarà questa una condizione sempre più necessaria quando, dopo e oltre il Coronavirus, dovremo ricostruire il nostro Paese la piena fiducia dei nostri cittadini."