Non c’è articolo di giornale o tweet o FB che spenda a loro favore una parola buona: sono vuoti, sono fragili, sono pulviscoli di correnti personali, sono incapaci di generare classe dirigente, sono oligarchici, sono scatole nere… Soffrono di una bassissima reputazione pubblica. Eppure, i partiti sono i protagonisti assoluti della vita istituzionale del Paese.
Scelgono il Presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica, i Ministri, i Parlamentari, i Consiglieri regionali e Comunali e un sacco di postazioni istituzionali nell’Amministrazione pubblica, nell’economia, nel sistema bancario… Sono il luogo del potere.
Il livello degli iscritti è precipitato verticalmente, da qualche milione a qualche centinaio di migliaia. Ma questa infima minoranza di cittadini elegge dei leader, i quali selezionano/propongono/scelgono direttamente i parlamentari con tutto quel che segue.
Vero è che, fino ad ora, è la maggioranza dei cittadini-elettori che li vota, in base alla legge elettorale n.165 del 3 novembre 2017.
Ma è anche vero che, una volta entrati in Parlamento, i deputati/senatori ritornano sotto la sovranità dei rispettivi partiti.
Giovanni Sartori aveva ben presente i meccanismi oligarchici di selezione interna dei partiti, ma concludeva, con rassegnato realismo, che la democrazia era, tuttavia, garantita dalla pluralità dei partiti oligarchici, in forza di un’eterogenesi dei fini, per la quale un insieme di partiti a-democratici produce la democrazia. E tanto gli bastava. (...)
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