Cosa ci dice l'ultima Biennale?
Che ci sarà un futuro, anche dopo la pandemia.
Che esso sarà migliore, grazie a tutto quello che abbiamo imparato (compresa la drammatica concretezza dei nostri limiti).
Che tutto sta ancora nelle nostre mani e nelle nostre scelte.
Riportiamo qui le riflessioni di alcuni architetti apparse sui quotidiani "Brescia Oggi" e "Arena di Verona".
Oltre al parere del nostro Maurizio De Caro intervengono anche gli architetti: Roberto Cremascoli, Camillo Botticini e Matteo Facchinelli, Filippo Bricolo e Francesca Falsarella, Nicolò Galeazzi e Martina Salvaneschi e, infine, Giovanni Mensi.
“C’è chi non ritiene l’architettura un’arte o al più la definisce ‘arte applicata’. Tuttavia l’architettura, al pari delle altre espressioni artistiche, trova la sua ragion d’essere proprio nel profondo legame che ha con la vita e con la società, quando attraverso la sintesi creativa è capace di rappresentare tutti gli aspetti del vivere umano”. Alle soglie di un mondo post pandemico da ripensare e “ricostruire”, la 17esima Mostra Internazionale di Architettura (22 maggio-21 novembre 2021) innesca il dibattito con una domanda che è antica e al tempo stesso urgente: “How will we live together?”. Tra i temi centrali: le nuove sfide imposte dal cambiamento climatico e il concetto di “resilienza”, il ruolo dello spazio pubblico nelle recenti rivolte urbane, le frontiere del “green”, le nuove tecniche di ricostruzione e le forme mutevoli dell’edilizia collettiva. Tanto semplice quanto complesso e sfaccettato, il titolo della Biennale - curata da Hashim Sarkis - apre a molteplici riflessioni in prospettiva futuribile sul significato di “architettura sostenibile”. Secondo Maurizio De Caro, già docente di Estetica al Politecnico di Milano e chiamato per l’anno accademico 2021/2022 a dirigere il nuovo corso di specializzazione in Estetica, Luce, Progetto alla Laba di Brescia, la chiave è “progettare gli spazi di inclusione sociale per creare nuove ‘intimità funzionali’”. (...) continua qui per leggere.