Appena qualche giorno fa con Beppe Sala dicevamo - ricordando assieme i 100 anni dalla nascita di Aldo Iso Aniasi - che i sindaci riformisti di Milano iniziano sempre il mandato con un programma ed una immagine vincente, sembra sempre che tutto vada per il meglio... ma poi si ritrovano tra capo e coda a dover affrontare un cigno nero spesso di dimensioni apocalittiche: Caldara con la città invasa dai profughi di Caporetto, Greppi gli esiti dei bombardamenti del 43-44, Aniasi con la strage di Piazza Fontana, Tognoli con il terrorismo sulla porta di casa, per arrivare fino ai giorni nostri, con la peste Covid dentro casa.
Tutte le volte i milanesi guardano all’inquilino di Palazzo Marino per vedere se c’è, se non si nasconde dietro la difficoltà del non avere denari e potere, se è pronto a stare al loro fianco ed alla loro testa.
E immediatamente dopo dicono: Cià, se fem adess?
E si buttano al lavoro, brontolando, imprecando, ma mettendo sul tavolo tutto sé stessi.
Oggi siamo qui proprio a seguito di una iniziativa nel suo piccolo molto "ambrosiana".
Innanzitutto per seguire l’indicazione del sindaco Sala al momento dell’annuncio della ricandidatura: “il prossimo mandato dovrà essere in discontinuità anche da me stesso".
Ma siamo qui anche per essere utili e funzionali a un progetto per la Milano e l’Europa di un futuro che è già cominciato: non possiamo infatti pensare che la politica e le sue organizzazioni restino uguali ad un sé stesso che già prima del Covid era inadeguato alle necessità.
E’ in questo modo che con tanti esponenti civici, politici e i tanti cittadini impegnati ci siamo trovati in questi mesi ed in queste settimane per lavorare ad una idea di nuova formazione e lista che garantisse al Sindaco candidato un apporto politico e non un semplice seguito plaudente, e per dirla tutta, un gruppo politico che presidi temi, problemi ed elettori e non una lista-civetta che tentasse di ritagliarsi uno spazio protetto sotto le ali della popolarità e del successo personale di Beppe.
Lo abbiamo fatto sapendo che questa operazione milanese sarebbe stata utile anche e soprattutto a chi è impegnato, su altri piani, in qualcosa di simile e altrettanto impegnativo e difficile. Come diceva Salvemini, “Milano pensa oggi quello che l’Italia penserà domani".
La presenza a questo evento di tanti e importanti protagonisti del riformismo italiano ci dice che forse dobbiamo aggiornare questo detto, Milano pensa oggi quello che anche l’Italia riformista sta già pensando da un pò di tempo.
E non possiamo che esserne lieti.
Imboccando questo cammino inevitabilmente abbiamo subito incrociato il tema dell’Araba Fenice dell’unità dei riformisti, della contrapposizione con il populismo degli incompetenti che sono ahimè ancora maggioranza in questo Parlamento, con gli sforzi e le iniziative che fino ad ora hanno prodotto, purtroppo, davvero ben poco.
Lo abbiamo fatto ambrosianamente, senza porci il problema di quale fosse il contenitore o di chi dovesse essere il “capo”, ma quale fossero i contenuti, senza chiederci da quale stanza di un condominio rissoso uscissimo; ma piuttosto quale fosse la direzione verso la quale andare e chi fossero coloro i quali mettono a disposizione il proprio impegno, il proprio tempo ed il proprio entusiasmo per una opera che non inizia e non finisce oggi, ma che ha davanti ancora tanta strada, tanti ostacoli e tanti problemi da affrontare.
Insomma, che sembrerebbe impossibile a farsi senza l'entusiasmo, la condivisione, la collaborazione leale che ha caratterizzato il nostro lavoro.
Abbiamo già avuto una prima confortante sorpresa positiva proprio con l’appello dei “quasi mille” in poche ore che ci ha portato oggi in questa sala: la velocità e la prontezza con la quale cittadini attenti e impegnati e protagonisti della vita amministrativa e politica della nostra città hanno raccolto e rilanciato il nostro segnale - un invito a mettersi insieme da subito fra diversi ma affini, a dare vita ad una nuova pianta alla cui vita contribuiscano radici diverse senza che se ne tagli alcuna - accelera i tempi e ci taglia i ponti dietro le spalle.
E soprattutto ci spinge a mettere davanti l’interesse civico, l’interesse della comunità, rispetto agli interessi “particulari”.
Milano è così. Non perdonerebbe né a noi né al sindaco l’errore di partire da schieramenti sulla carta e da una politica topografica, di indicazioni valide solo sulla carta e bandierine piantate sul nulla.
Sin da quando abbiamo iniziato a trovarci ai tavoli di preparazione virtuali e poi personali, ci siamo ricordati della splendida intervista di Gio Ponti sulla ricostruzione di Milano proposta di recente alla mostra del Maxxi di Roma (!!!): "mentre noi architetti ed ingegneri discutevamo di città policentrica, città radiale o ricostruzione storica, ci siamo accorti che i milanesi nel frattempo avevano già tirato su palazzi, scuole e teatri".
Diceva così anche l’amico e fratello che non c’è più e ci manca da morire, Emilio Genovesi: "se non facciamo in fretta a fare una cosa nuova, scopriremo che l’avrà fatta la nostra gente nei luoghi di lavoro, sul territorio, nelle imprese e nelle scuole e università".
Oggi - e lo dico alla sua compagna e amica Anna Catasta che è fra noi e salutiamo - stiamo provando a seguire questa strada ed a essere all’altezza delle sue idee e delle sue intuizioni.
Adesso chiamo qui le persone che certamente sono - lo sono state e lo saranno - le persone, gli amici e i compagni di un lungo cammino che invito sul palco (alcuni virtualmente) a chiosare e spiegare meglio il poco che abbiamo fatto assieme ma che porterà, ne sono sicuro, tanto alle nostre comunità: Alessia Cappello, Fulvio Giacomassi, Marco Ghetti, Giulia Pastorella, Alberto Veronesi e Gianfranco Librandi. Che invito a salire sul palco assieme al nostro sindaco Beppe Sala.
Grazie.