Ha suscitato molto interesse la conversazione che Beppe Sala ha tenuto con gli ascoltatori di Radio Popolare. Il Sindaco di Milano ha dimostrato una presenza pronta e intelligente su tutte le tematiche oggi al centro dell'attenzione dei cittadini. La sua ricandidatura nel 2021, temuta dall'opposizione di centrodestra, è invece sempre al centro delle speranze di tutti i suoi sostenitori.
Ancora non ha deciso se ricandidarsi alla guida di Milano, ma il sindaco Giuseppe Sala ha ben chiaro che la città non sarà più la stessa, almeno per un bel po’, dopo l’emergenza COVID.
Lo abbiamo intervistato a Prisma per sentire cosa ha in mente per questo finale di mandato, e ci ha spiegato le sue priorità. Il lavoro, prima di tutto, ma anche il problema della casa, con un caro-affitti sempre piu difficile da affrontare, e l’ambiente. La sfida, dice Sala insieme ai sindaci del gruppo C40, é costruire una ‘nuova normalità’ sostenibile, per attraversare la fase difficile che ci aspetta.
Quali sono i suoi pensieri di questo periodo?
Non bisogna essere dei geni per capire che i mesi che verranno saranno difficili. Io penso a quello che deve fare il Comune: cercare di tenere sui servizi basici – trasporti, scuole – e poi deve, per quanto possibile e per quanto nelle sue capacità, cercare di difendere il tema dell’occupazione perchè anche qui non bisogna essere dei geni per capire che la disoccupazione salirà. Oggi le aziende non possono licenziare chi ha un contratto a tempo indeterminato, ma ho dati che mi segnalano che invece molti di quelli a tempo determinato hanno già perso il lavoro. Poi il Comune deve occuparsi delle questioni sociali. Ieri mi hanno segnalato che Reale Mutua, proprietaria di alcuni stabili, sta progettando di fatto l’abbattimento degli stessi per ricostruirli perché sono vecchi. Ho chiamato il presidente di Reale Mutua e gli ho detto “parliamone, perché obiettivamente se chi oggi è lì dentro in affitto rimane senza appartamento è un problema per me“. Quello che dobbiamo fare è porre attenzione a tutte le condizioni di difficoltà particolari.
Da quello che ci dice pare di capire che il peggio non è alle spalle, ma deve ancora venire?
Purtroppo sì. Io sono molto fiducioso sul futuro della città a lungo termine, ma è chiaro che nella prossima fase i problemi ci saranno. Noi cerchiamo di fare il possibile, ma tutto questo si scontra con le questioni di bilancio. Io dico ai milanesi, in maniera molto chiara, che mi sto battendo affinché le regole cambino e affinché le amministrazioni locali, per non tagliare nulla oggi, possono aumentare transitoriamente il loro debito – cosa che oggi non si può fare – per andare incontro alle esigenze dei cittadini. Per essere ancora più chiaro: Milano ha un debito di 3 miliardi e 400 milioni, che è un debito totalmente sostenibile. Se oggi potessi mi prenderei il rischio di indebitare un po’ di più il Comune di Milano per aiutare chi ha bisogno. Poi recupereremo. Essendomi occupato di bilanci per tutta la vita, dico che questo è quello che oggi andrebbe fatto. Ma questo si scontra con le regole che il governo ci dà. Ne sto discutendo perché in questo momento tagliare i servizi è veramente un delitto.
Qui si tratta di passare dal guidare una Milano che corre, attrae e vive intensamente a guidare una Milano rallentata, stanca e impaurita. È un bel salto anche per lei, no?
È una prova anche per me, non c’è dubbio. Io metto la mia esperienza accumulata, ma devo cambiare registro e anche Milano deve farlo.
Quando mi sono candidato cinque anni fa avevo in testa tutta una serie di belle cose, ma soprattutto avevo visto una finestra di opportunità per Milano nell’ambito internazionale. Avevo pensato che Milano sarebbe potuta diventare una città ancora più attrattiva e la mia idea era quindi di sviluppo e solidarietà. Ora è evidente che bisogna cambiare registro. Cosa sto cercando di fare? Sto cercando di mettere a punto un nuovo modello per la città che assorba una nuova ed evidente tendenza verso la sostenibilità e verso l’ambiente e che intercetti investimenti e finanziamenti, anche europei. Possiamo avere la capacità di cambiare relativamente pelle e andare a occuparci di questioni che sono quelle di una nuova trasformazione della città. Beppe Sala o non Beppe Sala, io penso che il prossimo ciclo di Milano debba essere un ciclo in cui l’ambiente, la sostenibilità e un diverso modello socialità la facciano da padrone. Io ci credo veramente e profondamente e non nego la mia visione, ma la riadatto a quello che è il momento.
Lei è il rappresentante dei sindaci del gruppo C40. Ha detto di aver scritto una lettera ad Angela Merkel e all’Unione Europea. Per chiedere cosa?
In questo momento le città vogliono essere protagoniste perché pensano di essere un buon esempio delle azioni che si possono fare sulla sostenibilità. Se C40, che raggruppa tutte le più grandi città internazionali, ha chiesto a me di fare questo passo è un riconoscimento per la nostra città. Noi chiediamo ad Angela Merkel, visto che oggi si apre un consiglio straordinario europee, di indirizzare i fondi del Recovery Fund solo a quei progetti che abbiano un chiaro tenore di decarbonizzazione. In altre parole i meccanismi premianti devono andare verso i progetti green. Le ho scritto “abbi fiducia nelle città, perché le città stanno facendo questa battaglia. Considerate l’opportunità che i fondi vadano ai Paesi, ma che premiano progetti che partono dalle città“. Ci ascolteranno? Non ci ascolteranno? Non lo so. Certamente la nostra organizzazione è forte, ci sono sindaci rilevanti da tutto il Mondo, e continueremo a spingere in questa direzione.
Di cosa avrà bisogno Milano da parte del governo, ma anche da parte delle aziende e delle imprese?
Noi avremo due problemi fondamentali. La disoccupazione aumenterà. Siamo entrati in questa crisi con una disoccupazione del 6-7%, un livello assolutamente accettabile. Ora non abbiamo un numero preciso, ma dai dati che abbiamo riteniamo che sia già aumentata in maniera significativa. Ci sarà una fascia della popolazione da sostenere. Poi c’è il tema importante della casa: gli affitti a Milano si ri-adegueranno e torneranno ad essere normali, ma ci vorrà tempo. A noi servirebbero risorse in spesa corrente. Noi pensiamo che Milano e il Mondo si riprenderanno, non ci sono dubbi, ma dove si riprenderanno? Dove c’è un tessuto forte. Noi abbiamo università, creatività, imprenditorialità, i cittadini che spingono e che si danno da fare. In questo lasso di tempo, però, serviranno attenzione e cura a chi è in difficoltà. È tutto lì ed è tutto difficile.
Come andrà incontro a queste difficoltà?
Se noi oggi ci rivolgessimo agli istituti finanziari dicendo “guardate, noi abbiamo un problema contingente e abbiamo bisogno di finanziamenti“, gli istituti finanziari ci presterebbero sicuramente dei soldi, ma il problema è che le regole non lo permettono. Io sto dicendo al Governo: “O ci date i fondi voi o ci permettete di indebitarci“. A me va benissimo anche la seconda cosa, ma oggi legalmente un istituto di credito non può finanziarci per farci prendere debito da utilizzare su partite correnti. Dobbiamo venirne fuori, bisogna trovare una soluzione perché il bisogno è evidente. Le grandi città da un lato saranno quelle che certamente si riprenderanno prima, ma sono anche quelle che per prime pagano un prezzo più alto: quando cadi dall’alto e sei abituato ad un certo tenore di vita e lo perdi, non ce la fai più. Questo è un tema su cui tutti i sindaci delle più grandi città del Mondo sono concordi e sul quale stanno spingendo.
Prima diceva che ha incontrato il presidente di Reale Mutua. Qui a Radio Popolare abbiamo raccontato la storia delle 270 famiglie di via Tolstoj che vivono in stabili di Reale Mutua e che rischiano di essere sfrattate per far posto a nuove costruzioni di lusso. Ci sono novità su questo?
Non per sminuire il problema, sono 215 le famiglie e il resto sono uffici. Ho incontrato proprio ieri il presidente e i due direttori generali e ho spiegato loro che è nel loro diritto farlo, ma in questo momento non va bene né per noi né per loro creare un problema del genere. Abbiamo avviato un tavolo di incontri e, non voglio essere scioccamente ottimista, magari una soluzione si trova. Quello che il Comune deve fare in questo momento è cercare di fare anche opera di mediazione. I milanesi sappiano che di fronte a situazioni del genere il sindaco si mette al tavolo, si confronta, mette la sua esperienza pregressa e cerca di trovare delle formule. Ad oggi la ricetta non c’è, ma sono speranzoso che a qualcosa il nostro intervento servirà.
Qui a Milano ci sono dei centri sociali che lavorano nei quartieri e che nella fase dell’emergenza hanno lavorato consegnando aiuti a casa. Ora sono sotto sgombero. È possibile che non si trovi una soluzione politica per questi spazi?
In parte i padroni di casa sono privati e in parte siamo noi. Nel caso del Lambretta sono privati e quello che stiamo cercando di fare è far sì che la proprietà li incontri e senta le loro ragioni. Qual è la difficoltà del Comune? Evidentemente si parla di situazioni illegittime perché sono stati occupati degli spazi pubblici, ma dall’altro canto, per essere onesti, devo dire che quasi sempre gli spazi sociali occupati ci hanno chiesto negli anni di trovare delle soluzioni per metterli in condizione di legalizzare la loro situazione. Il punto vero e difficile è che le norme che noi abbiamo non permettono una linea di interlocuzione privilegiata: se devo regolarizzare uno spazio lo devo mettere a bando e nel bando possono risultare vincitori gli attuali occupanti o altri. È un tema difficile, però è chiaro che è un tema: fare di tutta l’erba un fascio è sbagliato e io non mi farò condizionare da quella destra che dipinge i centri sociali come il male assoluto. Lei ha fatto l’esempio di quei centri sociali che durante l’emergenza si sono dati da fare, hanno aiutato a portare cibo e alimenti a chi era in difficoltà. Per come la vedo io stiamo parlando di spazi sociali che forniscono una produzione culturale alternativa, un’aggregazione a basso costo. Svolgono una funzione molto contemporanea, questa è la verità.
Ci dice tre persone con cui si confronterà per decidere se si ricandiderà?
La mia perplessità è veramente di natura personale. Se uno si candida a fare il sindaco, poi dopo due anni non può dire “non ce la faccio più“. È un impegno con i milanesi per 5 anni. Io vengo da dieci anni di vita molto sacrificata perchè c’è il primo quinquennio che si va ad appoggiare ai 5 anni di Expo. Io voglio solamente riflettere ed essere lucido sul fatto di potercela fare. Non è che ho ambizioni di fare altro, sia chiaro. Non mi confronterò con protagonisti del mondo politico, ma coi miei amici. Questa è la verità.
Quindi si ricandida o no?
È la centesima volta che mi viene fatta questa domanda. Posso solo dire che ci sto pensando seriamente.