CIVISMO IN MOVIMENTO
Il punto su un percorso (a nord, nel centro e nel sud Italia) che entra ora in una fase di emersione con tre conferenze territoriali e prima dell'estate un progetto di federazione nazionale.
Potrebbero chiamarsi civici riformatori federati
di Stefano Rolando
Una volta il civismo progressista italiano non vedeva come dominante la preoccupazione di dover mettere d’accordo territori diversi, ragioni diverse, scopi sociali separati, figure promotrici di solito sconosciute l’una all’altra.
C’era un’affascinante storia di comunità che trasformava città industriali in mitologie nel nord Italia.
C’era un tema pacifista o proto-ambientalista, con i suoi esponenti, che caratterizzava il centro Italia.
C’era una spinta morale anti-mafiosa che caratterizzava scelte nel sud Italia. Eccetera. Centinaia di queste storie corrispondevano ad insorgenze caratterizzanti i territori.
Ma anche ad un pensiero maturato tra chi riteneva necessaria la partecipazione collettiva per raggiungere soluzioni. E persino ad una certa competizione etica tra i territori stessi, rivendicando che senza storie “dal basso” non ci sarebbe stata nessuna storia collettiva raccontabile come “identitaria”.Il modello del “Patto civico”
Il big-bang dell’ultima ora di questa storia secolare è stata probabilmente la vicenda che dodici anni fa ha ribaltato un lungo predominio del centro-destra a Milano. Città in cui i partiti del centro-sinistra percepivano (forse prima di altre parti d’Italia) la crisi reputazionale e partecipativa mentre una parte del ceto medio avvertiva che – al di là della alternativa novecentesca tra destra e sinistra – il carattere socio-economico di quella città stava imponendo un urgente problema di “avanti o indietro”.
Da qui la costituzione di un’area civica (che i media definiranno al tempo “borghese”), senza distinzione tra provenienze e professioni, (...) Continua a leggere qui.